Boito Arrigo

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Compositore, librettista e scrittore italiano (Padova 1842-Milano 1918). Studiò violino, pianoforte e composizione nel Conservatorio di Milano.

Nel 1861 si recò a Parigi, grazie a una borsa di studio, e vi conobbe Auber, Berlioz, Rossini e Verdi. Fu quindi in Polonia. Al ritorno a Milano, si inserì attivamente nell’ambiente della scapigliatura, introdottovi dal fratello Camillo, e ne divenne uno dei maggiori esponenti.
La sua prima opera, Mefistofele, rappresentata alla Scala nel 1868, diede luogo a dispute clamorose. 
Il fiasco iniziale si mutò in duraturo successo con la ripresentazione, rielaborata, dell’opera a Bologna nel 1875. Negli anni seguenti scrisse libretti per Catalani (La falce, 1875), Ponchielli (La Gioconda, 1876) e altri compositori e iniziò la straordinaria collaborazione con Verdi (rifacimento del Simon Boccanegra 1881; Otello, 1887; Falstaff, 1893), per il quale aveva precedentemente scritto il testo dell’Inno delle Nazioni (1862). A questo incontro, che ebbe senza dubbio un’importante influenza sull’anziano musicista, Boito ha legato la sua maggior gloria di librettista. 
La musica di Boito, invece, pur mostrandosi consapevole dei risultati stilistici tedeschi ed europei, appare oggi innovatrice più nelle intenzioni che nei fatti e realizza un compromesso in cui il gusto melodico è ancora assai vicino a quello del melodramma italiano contemporaneo. 
A prescindere quindi da qualche momento riuscito, il merito maggiore di Boito è nell’aver posto esigenze di svecchiamento, di allargamento di prospettive alla cultura musicale italiana. 
Meno riuscita del Mefistofele è la sua seconda opera, Nerone incompiuta e rappresentata postuma nel 1924. Nel Libro dei versi edito nel 1877, Boito raccolse le poesie giovanili, già pubblicate in diversi periodici: senso del macabro ed esotismo caratterizzano questi primi versi, la cui accuratezza formale richiama l’eleganza dei parnassiani. 
Un sapiente gioco letterario, ricco di raffinati virtuosismi musicali, è anche Re Orso (1865), bizzarra favola allegorica in cui si narra la disperata lotta del re di Creta (incarnazione del male) contro un verme diabolico (il rimorso) che finirà con il roderne il corpo. 
La tematica di questi versi e delle novelle (L’alfier nero, Iberia, Il trapezio) consiste quasi sempre nella denuncia di un insanabile contrasto tra le forze del bene e quelle del male, le quali ultime finiscono con il prevalere.  
Boito operò consapevolmente sull’orma di poetiche straniere affermate da oltre un ventennio (V. Hugo, H. Heine), sicché la sua produzione è da ascrivere al gusto tardoromantico, conservando, della scapigliatura, la ricerca del rapporto tra arti diverse (poesia e musica) e l’atteggiamento di ribellione antiborghese. 
A Romanò, Il secondo romanticismo lombardo, Milano, 1958; M. Pagliai, Un manifesto della Scapigliatura: «Il libro dei versi» di Arrigo Boito, in «Letteratura», XXXI, Roma, 1967; D. J. Grout, Breve storia dell’opera, Milano, 1985.

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