Ho avuto il piacere di conoscere Davide circa 12 anni fa, quando su Radio Lab conduceva (in coppia con l’ottimo Tony Falbo) la sua solida creatura radiofonica, quel “Rock Buzz” che senza barriere spaziava tra passato e presente.
Questa cosa mi colpì parecchio, fino ad allora ero abituato a sentire cose del tipo “per me la musica è finita nel 1984″ o “io ho avuto i Cure, voi tenetevi Annalisa” (come se i Cure avessero smesso di produrre musica una volta finiti gli anni ’80, tralaltro…).
Nel 2013, Davide realizzò diverse puntate dedicate alla scena rock catanese anni ’80/90 suonando pezzi originali d’epoca, talvolta ospitando musicisti e proponendo chicche radiofoniche tratte dai suoi “antichi” Rock Buzz.
L’approdo al libro era immancabile. L’ho letto in 24 giorni, con attenzione e curiosità massime.
A differenza di Davide, io che sono classe ’75 (e quindi di 7 anni più giovane di lui) non ho vissuto per niente il periodo della “rinascenza rock catanese”. Tra gli ’80 e i ’90 ero un ikikomori ante-litteram. Arrivavano a me flebili narrazioni circa “il fermento che c’è in giro”. A parte aver fatto un tifo d’inferno a Sanremo ’88 per i Denovo, non sapevo nulla.
Per cui questo volume edito da Akkuaria è clamorosamente prezioso: in oltre 200 pagine l’autore racconta come si arrivò alla Catania rockettara dei pubs e dei grandi concerti. Attenzione: non è una nostalgica rievocazione partigiana in cui l’io narrante dice cose tipo “eravamo i più fighi del mondo, oggi fa tutto schifo”.
Davide, nonostante sia stato uno dei protagonisti sul campo, si è notevolmente documentato descrivendo dettagliatamente personaggi, fatti, stili e circostanze che produssero quei fenomeni. La narrazione è intervallata da aneddoti strepitosi (qualcuno di voi ricorda che un tal LUCA BARBAROSSA rischiò di morire fulminato durante un concerto?!).
Il volume è ricchissimamente illustrato (vedi foto) da copertine di demotapes, locandine, fanzines, fotografie d’epoca dei gruppi, volantini promozionali, ritagli di giornali che spesso raccontano una Catania che oggi farebbe molta tenerezza (un estratto de LA SICILIA del luglio 1982 dà conto di un concerto degli allora giovanissimi DENOVO interrotto per disturbo quiete pubblica…).
Nelle pagine traspare la umile competenza dell’autore che davvero ha citato quante più persone possibili in una prosa chiara, ordinata e ben saldata. C’è tutto: dall’antesignano UGO NATALOTTO e i suoi SKULLS al fiorire berlinese di Cesare Basile; dall’irrompere sulla scena di CHECCO VIRLINZI ai grandi “concertoni” ospitati a Catania (REM, FUGAZI, SONIC YOUTH). E poi ancora le raccolte come 095 CODICE INTERATTIVO, LAPILLI ecc.
Non si indulge al campanilismo più becero (tuttaltro) ma si scava nella tipicità catanese che unica forse in Italia seppe produrre tanta passione prima ancora che tanta qualità.
La “dead line” viene simbolicamente a coincidere con due lutti ancora oggi lancinanti: la prematura scomparsa di UMBERTO URSINO e quella di CHECCO VIRLINZI, venuti a mancare a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro in un tristissimo settembre dell’anno 2000.
La parte conclusiva del libro comprende un elenco esaustivo delle varie formazioni catanesi con le relative line-up; questa sezione mi è servita per visualizzare quante persone ho poi conosciuto che erano state protagoniste di “quegli” anni, amici come Dario Casabona, Filippo Basile, Nicola Accurso, Peter Giarrizzo, Mario Di Prima, Davide Mavica, Adriano Patti, Antonio Vetrano, Francesco Santocono, Cosimo Pedicone, Manuela Malfitano, Tony Falbo, per citarne alcuni.
Questo libro non è fatto per essere posseduto e soltanto sfogliato ogni tanto!
Il consiglio è di leggerlo: lo trovereste sorprendente.
Piero Armenio