L’instancabile Pippo Nasca, lo stacanovista della casa editrice Akkuaria con decine di pubblicazioni all’attivo, ci regala anche in questo primo scorcio d’estate del 2024 un’altra sua “creatura”, si tratta in questo caso di una silloge.
I versi di Pippo Nasca sono organizzati seguendo uno schema metrico ben preciso, utilizzando spesso quartine e rima alternata A B A B. Nasca infatti ama la cultura classica e i poeti dei secoli passati, questa sua passione e influenza si nota nello scorrere delle pagine, il lettore ha come l’impressione di trovarsi in un testo di un poeta d’altri tempi. Sono versi eleganti, ben messi insieme e accompagnati da una buona musicalità, se vogliamo trovare un piccolo difetto si può trovare nell’eccessivo utilizzo delle rime, a cui ultimamente abbiamo le orecchie meno abituate. Il ripetersi continuo delle rime rischia di creare un effetto “cantilena”, un effetto ipnotico dove il lettore sembra quasi far caso più alla rima con il rischio di perdersi il peso reale delle parole. Parole che sono in effetti ben messe sul foglio di carta, parole mai scontate, di un certo spessore, richiamano sentimenti e stati d’animo che accompagnano il poeta lungo il suo percorso.
“A te verrò volando“, come dice lo stesso autore all’interno del testo, vede insieme componimenti realizzati in diversi momenti e senza voler seguire un tema preciso, ma d’accordo con il prefatore il testo ha nel suo insieme una sua unità mostrandosi un vero e proprio percorso all’interno di vari quadri di vita. Nella prima parte l’amore, le inquietudini per le difficoltà della vita moderna dove nemmeno il cielo è più limpido come un tempo un po’ come le relazione umane, i richiami alla natura e alla spiritualità, le evocazioni a Dante e ai poeti da lui amati lasciano spazio nella seconda parte a sentimenti dalle tinte più fosche.
Lo stesso autore ci rende partecipi delle sue problematiche di salute che lo costringono a frequenti ricoveri e pesanti cure (tra cui la dialisi), questo incide fortemente sul resto della produzione poetica divenendo il tema centrale di molti componimenti, in cui compare con forza tutta la sofferenza fisica e mentale, la paura di non potercela fare, di dover abbandonare i suoi affetti, il suo corpo, la sua vita. Il verso diviene un contenitore di ricordi, sono un’onda nera che travolge tumultuosa l’esistenza incerta, sono un vaso di Pandora pronto ad esplodere con tutte la sue meschinità. Un vaso di Pandora che come da tradizione non può che contenere anche lei, la Speranza…la Speranza che la fine non sia ancora arrivata, che i versi siano un modo per esorcizzare la paura, un appiglio a questa meravigliosa avventura che si chiama vita…una vita che l’arte renderà immortale.
Dario Miele