In principio furono i Crabs, precursori dell’anima rock di Catania già dalla seconda metà degli anni Sessanta. Trent’anni dopo, a chiudere la parabola – e incapsulare un fenomeno che ha portato la città dell’elefante alla ribalta internazionale del rock underground – c’erano gli Uzeda. In mezzo una costellazione di piccole band, distintesi per produzioni inedite ed originali, declinate secondo le infinite sfumature del genere musicale “ribelle” per antonomasia.
A ripercorrere la stagione d’oro del rock “made in Etna”, che culminò nel 1995 con lo strepitoso concerto al Cibali dei R.E.M. – unica tappa in Italia e indiscusso sigillo dello spessore internazionale conquistato in campo musicale dalla città vulcanica – è il libro “Trent’anni di musica ribelle a Catania. 1970-2000. Storie di ordinaria rockfollia”, di Davide Spampinato (edizioni AkkuariaLibri). Un vero e proprio atlante della musica rock etnea nell’ultimo spicchio del secolo scorso e che – corredato da foto d’epoca, locandine, fanzine, ritagli di giornali e copertine di vinili custodite dall’autore e dai suoi amici come cimeli – venerdì 3 dicembre sarà presentato a Catania (ZO Centro Culture Contemporanee, ore 18). Con l’autore e l’editore, Vera Ambra, saranno due giornalisti esperti di musica, Gianluca Runza e Luigi D’Angelo, quest’ultimo modererà l’incontro. Il volume è introdotto da una prefazione del musicista Cesare Basile, uno dei più originali cantautori della scena contemporanea, e si chiude con la post-fazione e la testimonianza di Carmelo Aurite, giornalista che rievoca quegli anni così esaltanti. In appendice, in ordine alfabetico le oltre cento band citate con i nomi dei componenti.
Ma chi e cosa c’è dentro “Trent’anni di musica ribelle a Catania”? Un elenco sommario di nomi e generi musicali potrebbe incominciare con il punk degli Skulls seguito dalla new wave pop dei Denovo, quindi il rock acustico della “cantantessa” Carmen Consoli e quello paisley dei Flor de Mal (poi Flor), passando per il fenomeno rock-a-billy di Rhino Rockers, Boppin’ Kids e Ramblers, il metal di Schizo e No Rules e l’hard rock dei Phextwin. E poi il noise rock di $nort!, Cafè Cino (poi Turn) e Jerica’s, il blues dei Blu In Blues e l’etno rock dei Kunsertu, la dark wave di Candida Lilith e Caftua, il rock progressive di Edith e Malibran, la musica ska dei BoxBeat, il rock goliardico di Francois e le Coccinelle.
Incardinati in una narrazione fluida, animata da citazioni e aneddoti, scorrono i nomi, i volti (le pose, sì anche quelle grazie a una nutrita sezione iconografica che l’autore ha racimolato fra i ricordi di gioventù) di tutti i protagonisti della scena underground di Catania. Un fenomeno assolutamente inedito, e favorito dalla sensibilità musicale di alcune personalità, come Nico Libra e Piero Toscano – che dagli States importavano Clash, Talking Heads, Jam, Violent Femmes, Smiths e R.E.M. – e di Checco Virlinzi, appassionato e visionario imprenditore (oltre che musicista con la sua Sansone e i Filistei) che, prima della prematura scomparsa, diede vita alla casa discografica indipendente Cyclope Records.
Spiega Spampinato, architetto per professione, musicista per vocazione (era voce e frontman degli $nort!) oltre che dj radiofonico: “Erano gli anni in cui cominciava a prendere forma quel fermento musicale che ancor oggi ha dell’incredibile, sia per il dato numerico rappresentato dalle band che popolavano la cosiddetta ‘scena’ underground catanese, sia per la qualità dell’offerta musicale, dal blues al punk, fino al rock inteso come forma di ribellione nonché di creazione di spazi di cultura e libertà. A Catania – prosegue – non ci si limitò al solo ascolto del nuovo rock proposto da radio, discoteche e raffinatissimi negozi di dischi, ma si coltivò anche l’idea di suonarlo, sfidando l’assenza totale di spazi e l’esistenza del nulla”.
Nell’arco di trent’anni, infatti, Catania ha visto una generazione di musicisti e rockettari nati quasi per gioco nei garage di casa. E’ qui che sul finire degli Ottanta, fra i primi casi di gentrificazione, un quartiere buio, degradato e da decenni consegnato alla malavita viene riscattato da pub e birrerie i cui gestori, assetati anch’essi di novità, alle band chiedevano ogni sera proposte inedite e “non le solite cover”. “Ma non chiamatela ancora ‘Seattle d’Italia’ – sottolinea Spampinato, che ama circostanziare questa sorta di etichetta con cui Catania, in quegli anni, è stata incoronata dai media di tutto il mondo. “Il fenomeno “rock” di Seattle – spiega l’autore – nasce negli anni Novanta. Mentre Catania era già una piccola capitale del rock in Italia da molto prima, dai Settanta, con band come i Crabs che hanno suonato persino a Liverpool nello storico pub dove nacquero i Beatles, e con produzioni discografiche inedite e indipendenti. Ecco – conclude Spampinato – se dovessi indicare e contestualizzare storicamente il primo documento ufficiale della Catania rock, indicherei il vinile “095 Codice Interattivo” prodotto in città da Rock 86, registrato nella sala di incisione di Pippo Russo e spedito per posta in giro per l’Italia. Arrivò persino a Viale Mazzini, negli studi di Rai Stereo Notte, dove il giornalista e autore radiotelevisivo Stefano Pistolini ebbe a dire che ‘questa compilation è di livello assai superiore a quello che già gira con le etichette delle major’”. Era “soltanto” il 1986.
“Trent’anni di musica ribelle a Catania” – la cui copertina è un’illustrazione dell’artista Daniele Casaburi (in arte Casdan) – è distribuito nei bookStore di Amazon e AkkuariaLibri.