La fucina di musicisti che ha messo insieme, per la prima volta, Davide Spampinato nel suo libro “Trent’anni di Musica ribelle a Catania non è il tentativo “enciclopedico e didascalico della “sua” memoria, tra l’altro stupefacente ma, un atlante musicale di un periodo “rivoluzionario” della Catania tra gli anni ‘70 e 2000.
Direi che è il post-sessantotto musicale. Tutto ciò che collazione Davide e forse anche più, non si giustificherebbe se non si avesse chiaro che tutto comincia dall’incrocio tra i giovani che venivano dal rock degli anni ‘60 e il movimento politico più « rigido » e concentrato sull’analisi economico – sociale della realtà. In sintesi per la musica, vale lo stesso discorso che per tutto l’orizzonte avangu-artistico.
Quindi, qualche altro coraggioso potrebbe, senz’altro, fare collazione per tutti gli altri “saperi “ e troverebbe fusioni e contaminazioni…tra loro. Una nuova “recherche” di sapore proustiano. Credo che il mood più in tema possa essere “ciò che non trova mercato è destinato a morire!Viva l’Utopia”. Naturalmente, gli eventi sono molto più complessi e andrebbero approfonditi e una ragione, secondo me, del tracollo musicale artistico e della sua trasformazione, è stato il repentino cambiamento tecnologico digitale che ha stravolto il canonico approccio musicale come quello compositivo.
Tutto ciò farcito a una crisi massmediale ben descritta, archetipicamente, da Marshall McLuhan in “The medium is the message” (1967) ha decretato un declino musicale senza precedenti. Credo, in definitiva che Davide abbia aperto una strada chiusa che deve essere ripercorsa alla luce dei tempi trasformati e vissuti secondo la rappresentazione del nostro tempo, per non vivere di nostalgia passatista.
Grazie Davide.
Maurizio Zappalà