Isadora Duncan (alias Lavinia King) La pagana figlia del Sole – Vita, amori e misteri della danzatrice scalza
di Selene Ballerini
“Fin dal principio non ho fatto che danzare la mia stessa esistenza”[1]
(Isadora Duncan)
Esistono ambienti, segnatamente quelli del milieu magico-esoterico, nei quali la danzatrice Isadora Duncan (1877-1927) è soprattutto, benché non solo, l’amica dell’iniziata Mary Desti/Soror Virakam e altri, ruotanti intorno alla cultura artistica, in cui di contro la Desti è esclusivamente una figura di sfondo nella complessa vicenda esistenziale della celebre californiana.
Il mio studio sulla Duncan ha inteso creare un varco fra questi due mondi paralleli che raramente s’incontrano e l’ho sviluppato sia come cultrice di lei, sia in quanto iniziata – con il Nome Magico di Soror Lastel – alla medesima Onda Magica cui era connessa Mary, cercando di gettare un focus su tali adiacenze esoteriche d’Isadora scarsamente note.
Sacralità rituale, Armonia rigenerante, fervida Ispirazione: a queste coreografie con cui il mondo antico modellò la Danza attinse pure l’artista dal cui genio sorsero nel primo Novecento impulsi fondamentali al recupero di una danza libera, intensa ed espressiva. In un’epoca infatti in cui le ballerine classiche operavano dentro le gabbie sacrificali della tecnica e quelle d’avanspettacolo erano svilite al ruolo di oggetto ludico la Duncan e poche altre ardite pioniere, e pionieri, crearono i presupposti teorici e stilistici della Danza Moderna. Un’arte, la sua, che superando convenzioni posturali, bamboleggiamenti erotici e abiti costrittivi ha scavalcato audacemente il balletto per acquisire una propria indelebile fisionomia, nella quale attivò anche una rivisitazione della danza dell’antica Grecia intesa nelle sue più profonde e universali valenze.
Isadora danzava a piedi nudi, coperta da una semplice tunica e abbandonandosi inebriata a proprie interpretazioni di musiche non appositamente scritte per la danza, bensì scelte perché create da geni quali Wagner, Beethoven, Chopin… E tutta la sua attività fu un inno al movimento naturale e una volontà irrefrenabile di dar vita a una Danza che, arcaica e innovativa a un tempo, fosse espressione dei palpiti interiori.
Oltre che per la sua sublime arte la Duncan è però nota anche per la densa biografia, che nonostante la morte della danzatrice a soli 50 anni è stata incredibilmente ricca di eventi, talvolta esaltanti e magnifici, troppo spesso dolorosi e devastanti, ma sempre e comunque inconsueti, coinvolgenti, eccezionali. Fu ammirata nei teatri di tutto il mondo, conobbe artisti straordinari, venne ritratta da pittori, scultori, narratori e intrecciò relazioni amorose con personaggi talentuosi come l’attore, scenografo e regista teatrale Edward Gordon Craig e il “poeta maledetto” Sergej Esenin, l’unico uomo che – costretta dalle circostanze – si adattò a sposare nonostante la propria fiera avversione al matrimonio. Ebbe una figlia da Craig, un figlio dal milionario Paris Singer (figlio dell’industriale delle omonime macchine da cucire) e ancora un figlio dallo scultore Romano Romanelli, ma i primi due morirono ancora molto piccoli in un incidente d’auto, affogando nella Senna, e il terzo spirò poche ore dopo il parto. Nessun funerale per loro tuttavia, perché neppure nei frangenti più tragici dei suoi molti travagli Isadora cedette all’impulso di soccombere per comodità alle tentazioni dei riti cristiani, ma rimase sempre fedele alla propria anima pagana, il cui afflato era quello di una “figlia del Sole” (come la definì una sensitiva), refrattaria alla lugubre fede in un Dio sacrificale e sensibile invece alla bellezza, al piacere e alla rigenerazione cui inneggiava la paganità classica.
Fu rivoluzionaria utopica, ingenua sognatrice, capricciosa e superficiale nel vivere quotidiano ma di rara profondità nei suoi molteplici scritti sulla danza, biografa di sé stessa e generosa con amiche e amici, bisessuale ma davvero innamorata solo di uomini, donandosi all’amore con passione e senza limiti. E infine pedagoga nel senso più alto del termine: impegnò infatti ogni istante nel tentativo, solamente in parte riuscito (anche per gli ininterrotti problemi economici), di trasmettere la propria originalissima arte – in scuole che volle gratuite – a più bambini e soprattutto bambine possibile, desiderosa di regalare il Dono della Danza a coloro che la contaminante società non aveva ancora distolto dalla genuina e spontanea naturalezza.
Quanto alla canadese Mary Desti, biografa d’Isadora dopo la di lei morte, fu per quasi un trentennio sua intima amica, confidente e per lunghi periodi convivente ed ebbe così modo di esserle vicina nei più cruciali episodi di vita, come il dramma dei figli, la tormentata storia d’amore con Esenin e la stessa morte della danzatrice, avvenuta a causa di uno scialle donatole da Mary e impigliatosi nella ruota di un’auto in partenza.
Le due amiche si frequentavano da più di una decina d’anni quando conobbero insieme, nel 1911, il Magista inglese Aleister Crowley, personaggio oggi notissimo nell’universo esoterico, che subito, per un breve ma intenso periodo, divenne l’amante magico della Desti, iniziandola all’Argenteum Astrum (Stella d’Argento) – Ordine da lui fondato nel 1907 – e mettendo a frutto in una serie di operazioni magiche svolte insieme a lei le doti sensitive della donna.
Intellettuale di vasta ed eclettica cultura, poeta, abile giocatore di scacchi, esperto alpinista, cultore e praticante di tecniche Yoga, viaggiatore insaziabile, nonché ardito sperimentatore di droghe e di esperienze sessuali, sia etero che omoerotiche, Crowley si esternò in forme insolite e travolgenti anche nella “carriera” occultistica, marcando di un’impronta indelebile tutti gli ambienti con cui venne a contatto. Nel 1898 aderì all’Ordine ermetico Golden Dawn e dopo la scissione della Confraternita iniziò a elaborare un innovativo programma magico centrato sulla ricerca intronautica del contatto con il Santo Angelo-Demone Guardiano (il proprio Sé Interiore) e sull’Idea-Forza di un’imminente rivoluzione della coscienza pluri-individuale dell’umanità che avrebbe inaugurato l’Eone di Horus e i cui fondamenti concettuali e operativi sarebbero poi stati racchiusi nel criptico Liber Legis, testo che sostenne di aver ricevuto a Il Cairo nel 1904 da un’Intelligenza preterumana. Nel 1920 fondò un centro operativo nella sicula Cefalù, in seguito bloccato dalle autorità fasciste: l’Abbazia di Thélema (“Volontà”). E nel ’22 assunse la direzione internazionale dell’Ordo Templi Orientis (Ordine del Tempio d’Oriente), della cui sezione inglese era già a capo da un decennio.
A Crowley risalgono la definizione di Magia come “la Scienza e l’Arte di causare Cambiamenti in conformità con la Volontà” e i celebri dettami – tratti dal Liber Legis – “fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge”, “ogni uomo e ogni donna è una stella”, “la parola del Peccato è Restrizione” e soprattutto “amore è la legge, amore sotto la volontà”, postulato che riassume l’obiettivo della realizzazione magica: la relazione amorosa, dinamizzata e feconda con il Tutto, contatto che fluisce da una conquistata coscienza di Sé e della propria Stella (e quindi della propria Orbita), ovvero dal bilanciamento fra la Volontà che eccita e trascina e quell’Energia erotica senza la quale niente sarebbe mai accaduto né mai potrebbe sorgere. Una visione con cui pare perfettamente combaciare Isadora Duncan quando scrive che la perfezione di chi danza è “raggiungere un livello di tale consapevolezza che il suo corpo diventa essenzialmente la manifestazione della sua anima; e attraverso il corpo l’anima danza in armonia con la musica ascoltata interiormente, espressione di qualcosa di un altro mondo, più profondo”.[2] Pensieri che la danzatrice sviluppò in quella che nel libro, approfondendola, abbiamo chiamato “Danza del Cuore”, avendone lei individuata la fonte nel plesso solare inteso alla maniera egizia, ossia quale “dimora temporanea dell’anima”.[3]
La Duncan incontrò Aleister Crowley solo due volte, a quanto risulta, e fra loro non scattò alcuna simpatia particolare. Né emergono testimonianze che fosse al corrente – ma si suppone di sì – dei risvolti segreti della relazione di quell’eccentrico inglese con la sua amica del cuore.
Due i soli fatti certi: il Magista nelle sue opere riservò da un lato feroci sbeffeggiamenti alla donna-Isadora e dall’altro, invece, un importante riconoscimento iniziatico alla sua speciale Danza; e nel romanzo La figlia della luna la appellò con uno pseudonimo che precedentemente aveva adottato per sé: Lavinia King. Un intrigante dualismo critico e una misteriosa identificazione sui quali il mio libro ha cercato di gettare una luce interpretativa.
Selene Ballerini
Il saggio, illustrato con numerose foto in bianco e nero, comprende una bibliografia di libri editi in Italia e quattro appendici, una delle quali dedicata alla biografia d’Isadora scritta da Mary Desti.
[1] Isadora Duncan. La mia vita, Savelli, 1980, p. 11.
[2] Isadora Duncan. L’arte della danza, L’Epos, 2007, p. 42-43, nel saggio La pietra filosofale della danza. Si noti, nel contesto esoterico che stiamo tratteggiando, il titolo eminentemente alchemico di questo scritto…
[3] Duncan. La mia vita, cit., p. 296.