La Traviata inizia con un tocco di campana. Si tratta di un funerale. Quello di Violetta. Sulla scena transita una carrozza trainata da due cavalli. Compunti signori vestiti in nero la seguono.
L’opera si apre così. Zeffirelli non era nuovo a trovate di questo genere, ma nelle sue regie c’era l’opera. Mai trasfigurata in sceneggiate talvolta volgari ed in equivoci ambienti. Zeffirelli di opera lirica se ne intendeva davvero. Egli ne conosceva bene i libretti ed il carattere dei personaggi e li sapeva ben dipingere. Ci fa commuovere Violetta che nell’ultimo atto, nonostante ancora debole vuole andare in Chiesa a ringraziare il Signore, ma si rende conto di non avere le forze e sbatte a terra il vestito con rabbia (“Gran Dio! Non posso!”)
Ecco cosa Zeffirelli era capace di dare al melomane. L’emozione.
Violetta è stata splendidamente interpretata dal soprano Irina Lungu. Ci ha regalato dei momenti di alta commozione nel secondo e nell’ultimo atto, con uno struggente ‘Addio del passato’, e da tempo non si sentiva il mi bemolle finale di ‘Sempre libera’.
Magnifica è stata l’interpretazione del tenore Pavel Petrov nel ruolo di Alfredo.
Il baritono Simone Piazzola ha sostenuto il ruolo di Giorgio Germont con padronanza espressiva il secondo atto, culminando con un bel ‘Non udrai rimproveri’, e abbastanza incisivo è stato nel ‘ Di sprezzo degno’.
Una degna nota meritano i comprimari che non hanno fatto passare inosservati i loro personaggi: Clarissa Leonardi (Flora), Carlo Bosi(Gastone), Gianfranco Montresor(Barone), Daniel Giularini(Marchese) e Romano Dal Zovo (Dottor Grenvil).
Il coro, sempre diretto dal maestro Vito Lombardi ha dato una notevole nota di colore nel primo e nel secondo atto. Di gran pregio è stata infine, la direzione del maestro Andrea Battiston.
Verona 19 luglio 2019
Alessandro Scrdaci