Sono ben otto i libri che riguardano Elena Della Giovanna. La lettura dei suoi racconti che, pur ricchi da una potente fantasia (purtroppo son fatti reali) hanno un che di fascino che cattura il lettore più del miele le mosche.
È da qualche anno che la seguo, più che altro la inseguo, e pur credendo di conoscerla, riesce a stupirmi sempre.
L’altro giorno mi ha detto che vorrebbe partecipare a un corso di scrittura. Mi è venuta subito voglia di ridere a creapapelle… e senza pensarci un attimo ho risposto che forse sarebbe dovuta essere lei a condurre un laboratorio.
Non credo che Elena abbisogna che qualcuno le dica come scrivere o uniformarsi alle che imperano nel campo editoriale. A me piace così com’è. Forse potrei definirla una scrittrice naif. Lei non è per nulla una di quelle che a tavolino progettano un romanzo.
Assolutamente no!
Lei è un talento naturale, un musicista che non sa leggere uno spartito ma che suona mirabilmente qualsiasi strumento si trova per le mani.
Lei ha soltanto il bisogno di esprimersi nel preciso istante in cui l’emozione si forma dentro di lei ed esplode.
La sua stessa fragilità è il vero punto di forza che la sostiene. Una forza che quando irrompe, travolge, stravolge e trascina tutti con sé nel suo meraviglioso mondo fantastico, dove si nasconde la purezza de pensiero e svela la parte chiara e autentica della faccia della realtà. Che dire di Lei?
Elena è una donna autentica, ingenua, altruista, genuina, ma ciò che mi piace ancor più è il suo carattere allegro spontaneo e soprattutto il carico di entusiasmo che riesce a trasmettere.
Elena è una scrittrice nata in sordina, tra i post pubblicati su Facebook e che, riga dopo riga, ha costruito una rete di amici virtuali e non attorno a lei. Tra questi ci sono finita anch’io e per questa ragione le devo un grazie speciale per avermi permesso di conoscerla attraverso i suoi post.
Ho trascorso molti mesi a sbrigliare (come dici lei) le fila dei suoi pensieri, sparsi come un puzzle le cui singole tessere mostravano l’essenza di un qualcosa di eccezionale. Un qualcosa che solo gli occhi dell’anima sanno vedere. In mezzo alle sue parole ho riscoperto quella parte di me bambina che ha salvato il primo gatto da una morte sicura, e mi ha anche fatto ricordare la donna che alla vigilia delle nozze era andata al porto a vaccinare i randagi altrimenti il Comandante avrebbe chiamato l’accalappiacani. Ha riportato davanti ai miei occhi la colonia di cani che avevo da sposata, che assieme ai miei tre figli accudivamo assieme ai gatti, alle trote salvate dal banco dei pescivendoli e ai colombi che nel frattempo si erano moltiplicati in numero industriale. Soprattutto ha riportato alla mia memoria, con le foto dei tuoi figli, i miei che crescevano felici assieme ai loro fratelli “pelosi”…
Che dire di più… le parole non servono quando ci si capisce al volo, per questo non faccio più caso alle lunghe attese e per le mie esigenze e cerco di stressarla il meno possibile.
Vera Ambra
Mi chiamo Elena Della Giovanna, vivo a Lodi in una stramba e allegra famiglia di umani e pelosetti.
La mia ricchezza, la mia felicità. Tre figli maschi che mi fanno sentire una mamma felice. (E mi danno non pochi pensieri!) Un marito che conosco e amo da ventitré anni. Mi supporta e sopporta. Una ciurma sgangherata, improbabile e variabile (nel numero) di randagini bisognosi, allietano e colorano la nostra Casa. Gatti, soprattutto, ma anche cani, ricci, gazze, cornacchie, topini, pecore, capre, maiali (anche se abitiamo in periferia e non in una sconfinata prateria). Eccentrici forse, felici di sicuro. Mi sono diplomata al Liceo Scientifico (anche se non capisco nulla di Matematica!) Ho preso poi la laurea in Scienze Politiche, con indirizzo sociologico, discutendo la tesi Il rapporto terapeutico tra uomo e animale. Sono nata (ahimè) così, non c’è un inizio in questa mia missione (perché per me è proprio una missione!) di salvataggio di animali bisognosi. Sin da piccolissima ho aiutato lumache, bruchi, coccinelle, scarafaggi, lucertole. Ho avuto una prozia anziana straordinaria (Antonietta) che mi ha sempre sostenuta e incoraggiata e ha comprato per me un enorme sacco di lumache, esposte in una vetrina di un pescivendolo a Lodi. Le abbiamo liberate insieme nel suo orto di grassi pomodori, sedani, finocchi, lattughe. Gliel’hanno raso al suolo in due giorni. Ma zia Antonietta era felice, per le lumache. E per me. Allora ho capito che la strada era quella giusta.