Ho letto tutto d’un fiato e riletto con attenzione il libretto di poesie della Sudano ed anche la prefazione, che ha pure la valenza di commento, scritta da Gabriella Rossitto. Dopo la dotta esposizione di quest’ultima poco mi resta da dire in proposito, essendo stato centrato benissimo l’argomento trattato esponendo con dovizia e sapiente tecnica i caratteri salienti dell’opera della Sudano.
Si tratta, in sostanza, di poesie metaforiche imperniate sulla descrizione dei vizi e delle virtù dell’umanità, considerate delle vere “gabbie” dell’umano sentire, come le ha definite la Rossitto, ed esposte con una tecnica linguistica permeata di allegoriche considerazioni, che hanno un significato filosofico molto profondo e richiamano alla memoria concetti forse già triti e ritriti dalla dottrina sociale e religiosa, che, però, richiamano il gusto della modernità contemporanea al punto tale da farle sembrare una novità assoluta.
Se mi è consentito il paragone, alla fine della lettura, mi è sembrato di aver letto le teorie filosofiche di Emanuele Kant, espresse con un linguaggio che richiama l’immediatezza espressiva di Ungaretti.
Per l’appunto, La descrizione dei vizi e delle virtù dell’umanità richiamano alla memoria le categorie Kantiane dell’Io categorico e, non a caso, viene citato il Nietszche, che ha molto in comune con Kant, il padre vero in assoluto dell’idealismo.
Inoltre il linguaggio conciso, immediato, asettico, schematico ed incisivo , usato nel descrivere questo campionario dell’umano sentire ricorda tanto lo stile di Ungaretti.
Anche le illustrazioni semplici e schematiche di Antonella Maria Piazza, di cui è corredato il libro, richiamano questo riferimento ad Ungaretti. Pochi segni e colori indispensabili alla bisogna, senza eccessiva ridondanza delle forme, che risulterebbe superflua e retorica.
Decisamente, per i motivi sopra esposti, siamo in presenza di un’interpretazione letteraria moderna e contemporanea, di concetti universali che sono alla base del sentire umano, come, del resto riesce ad esplicitare bene la Rossitto nella sua prefazione.
Pippo Nasca
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