“Al giungere della nave” omaggio a Gibran di Vera Ambra

Posted by on Feb 6th, 2018 and filed under Poesia. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

Ed è così che leggendo questo libro di omaggio a Kahlil Gibran, che ho scoperto la predisposizione all’indagine filosofica di  Vera Ambra!

Una sorpresa veramente, anche se emerge dallo scritto la tendenza all’esposizione poetica dei concetti, che scendono in profondità nei meandri del ragionamento.

Sostanzialmente l’argomento del libro è quello di esporre il pensiero di Kahlil Gibran, oscillante tra la cultura della religione Bahà-i , d’origine araba, e la controcultura americana della New Age.

Prima di affrontare la varietà dei temi affrontati, è bene,  conoscere chi fosse Gibran e cosa fosse la religione Baha-i, nonché la new age.

Lo scrittore Gibran, è il nome americanizzato di uno scrittore arabo e naturalizzato negli USA.  Nato in Libano, in seguito alle alterne vicende del padre, tra l’altro finito in galera per  malversazione finanziaria, emigrò insieme alla madre Kalima a New York . Scolarizzato in arabo, successivamente apprese la lingua inglese, che adottò come base per i suoi scritti, attingendo comunque alla sua educazione primigenia. Di religione cristiano-maronita, venne molto influenzato dal pensiero filosofico di Abdul-Bahà, al quale lo stesso Gesù Cristo sembra abbia attinto  largamente nei suoi insegnamenti. Fu questa la base della contro-cultura americana  del suo pensiero, dando luogo all’adesione ai principi della New Age, in cui convivono sentimenti religiosi misti ad atavici  laicismi.

Egli, quindi, dopo aver abbandonato la scrittura araba, si votò non solo nella forma, ma anche nelle idee, a questo tipo di  cultura innovativa sviluppatasi intorno agli anni sessanta.

Ebbene, inconsapevolmente, Vera Ambra, immersa culturalmente nella New-Age, nei suoi primi approcci letterari giovanili scoprì un  modo di sentire parallelo a quello di Gibran.

Forse sorpresa, forse ammirata, forse pienamente convinta del processo intellettivo dello scrittore arabo-americano, lei, dopo aver letto il testo poetico “IL PROFETA” dello scrittore e averlo raccordato alle sue prime poesie giovanili, dette di piglio alla penna mettendo sulla carta un misto tra il pensiero dello scrittore e il suo, creando una continuità causale quasi naturale tra i due modi di sentire.

Ed è così che sull’onda della celebre massima di Gibran (Metà di quel che dico non ha senso; ma lo dico perché l’altra metà possa giungere a te) , la nostra scrittrice sale sulla nave del pensiero, attraversa il mare ed infine giunge al porto delle sue conclusioni, che ammettono una supposta verità per affermarne l’opposta in una sintesi concettuale logica e lapalissiana.

“Senza dolore non si è vivi nell’amore, Senza amore non si è forti nel dolore.!

 “ la terra ama sentire i vostri piedi nudi e il vento gonfiarsi con i vostri capelli.”

 “E chi volesse frustare l’offensore scruti nello spirito l’offeso.”

 “La pietra angolare del tempio non è più alta della pietra più bassa delle sue fondamenta.”

“Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero cantare.”

“E benché nel vostro inverno neghiate la vostra primavera, la primavera che è in voi sorride intatta e assopita”.

Potrei continuare a citare altri passi del libro, ma limiterei il ragionamento logico e poetico di ogni singolo concetto, espresso in modo semplice e scorrevole. Talvolta sfugge il significato tra la prima metà e la seconda del concetto espresso, talmente è sottile il ragionamento e la sua conclusione. Ma un’attenta rilettura scioglie subito l’arcano.

 Naturalmente viene da chiedersi se l’opera possa catalogarsi tra quelle poetiche o quelle saggistiche.

Io sono del parere che sia insieme poesia e saggio oppure saggio e poesia senza sapere quale sia effettivamente la prima o la seconda metà, poiché le due realtà sono così intrinsecamente connesse da non poter distinguere addirittura tra ragionamento e poesia.

Del resto, anche le opere del Gibran hanno la stessa valenza dubitativa, che è alla base della sua arte, tra il vecchio ed il nuovo modo di sentire.

 

Pippo Nasca

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