Caro spelacchiato albero di Natale, che continui a dominare la piazza con la sfacciata esibizione delle tue mancanze, della tua povertà naturale, della tua altezza inutile che non riesce a lambire i sogni, rinsecchito abete che non riesci a difenderti perché non sai più a che santo votarti per brillare almeno un po’!
Ti abbiamo deriso, ti abbiamo condannato, ti abbiamo sputato addosso passando ridendo a piazza Venezia ed ora che Natale è passato ti guardiamo… ANZI …CI GUARDIAMO in te COME IN UNO SPECCHIO!
FACENDO UNA TREMENDA SCOPERTA: noi siamo te, ti somigliamo, così affannati da perdere le ali, così finti da non avere più fogliame , così addobbati per sembrare una festa… così poveri, così soli, così alti inutilmente! Senza saper lambire più i sogni!
Siamo accanto a te che stai per essere sradicato dalla festa, ma resterai nella storia dei Natali di Roma più degli altri alberi.Tu che hai avuto il coraggio di dire: il re è nudo, la società è alla frutta, la povertà avanza, la natura soffre per le scelte sbagliate degli uomini.Scusaci Spelacchio i grandi non si capiscono subito.Vengono derisi ed umiliati, poi ci si accorge tardi che parlavano per tutti, che il loro urlo era la nostra stessa voce.
Ora continui a vagare nelle altitudini dei palazzi romani per afferrare il senso della tua venuta a Roma, non lo trovi perché ormai niente ha più un senso compiuto. Tanto che la tua sconfitta ha finito per essere una vittoria. La vittoria amara della verità. Che sussurra che non è più possibile mentire e dire che va tutto bene. Che dietro l’angolo ci sono resurrezioni insperate ma anche scivoloni incredibili. Chissà da lassù sorridi e bonariamente ci perdoni di tanti schiaffi.oppure no, sei irato, hai voglia di vendetta. Chissà la natura è strana. Sembra buona e invece è matrigna. Sembra un dramma e poi si risolve in commedia. Tu solo lassù vedi Roma che si distende verso il nuovo anno e chissà se riuscirà a liberarsi dalla monnezza! Se voui potrai andare via in silenzio, noi col capo chino. Ma se vuoi, facci un cenno, forse vuoi un applauso e forse lo meriti.
Ciao Spelacchio, non sei stato inutile. Anche se sei stato ridicolo.
Ma è il destino di chi testimonia qualcosa di spiacevole. E tu hai testimoniato una città, una nazione, un’Europa, un mondo senza più fogliame verde, senza più sogni, senza la capacità di essere veramente una Festa. Vedrai non ti dimenticheremo. Almeno il prossimo anno ci saranno alberelli chiamati con il tuo nome da portare via da Roma come Souvenir. Costeranno pochi soldi o molti bigliettoni, non importa! Anche senza moneta i ragazzi poveri sapranno costruirti, imitarti, somigliarti. Alti, allampanati, poveri e rinsecchiti gireranno nel mondo ad urlare la loro solitudine.
Anna Manna