La guerra dei Roses, storia resa celebre dal film con Michael Douglas e Kathleen Turner, racconta di una vendetta. Una coppia che sembrava perfetta, lui brillante e ricco avvocato, che ha costruito una fortuna, lei che lo ha aiutato in tutti i modi, rinunciando ad ogni propria affermazione professionale, per seguirlo nelle relazioni sociali. Insieme hanno realizzato una stupenda casa, ricca di oggetti di antiquariato, che è la loro immagine, di cui sono molto orgogliosi.
Ma quando lei realizza ciò che ha perso e vuole fare una sua carriera come imprenditrice di catering, usando le sue abilità di cuoca, la coppia va in crisi. Lei chiede il divorzio e la casa. Ecco allora entrare in scena i due avvocati, maschio e femmina, che rappresentano le loro anime feroci.
In un crescendo di parossismo comico, lei si prende le sue vendette, gli rinfaccia quanto lui l’abbia usata e decide che lui se ne deve andare da casa, per poter esercitare la sua professione, che le sta riuscendo molto bene…. Poiché lui resta fino alla fine della causa, l’oggetto del contendere, la separazione si consuma con feroci dispetti, di una comicità folle e assurda (per esempio lui le uccide il gatto, lei gli spacca la Ferrari e così via).
Le trovate sono molte e si ride pienamente, pur cogliendo la crudeltà, un po’ comica e folle degna di un cartone animato.
La regia di Filippo Dini è geniale, tant’è che il pubblico si diverte in questo gioco di vendette infinite.
La tematica è molto attuale, ma brilla soprattutto per le capacità teatrali degli attori e del regista di volgere in comico ciò che sarebbe altamente drammatico.