Monumento al cane A Kassel

Posted by on Aug 24th, 2012 and filed under Cultura. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

A Kassel nella nobile e potente Germania della compassata Angela Merkel, se avete un cane portatecelo, l’artista canadese Brian Jungen ve lo renderà famoso. Ovviamente nel parco chiuso e attrezzato per l’occasione. Non vi sognate di entrarci se non siete debitamente accompagnati dal vostro cane il quale, con molta probabilità, deciderà se dare o meno prova della sua creatività attraverso la sua cacca o non so che altro. “Chi l’avrebbe mai detto che si sarebbe arrivati a tanto?” scrive nel suo divertente articolo “A Kassel non mi fido di fido” Franco Veremondi per Artribune. Io per la verità (e in modo molto irriguardoso) ho chiamato in causa a suo tempo le estrosità irriverenti del fantomatico artista coreano Yum Ti Fil e dei suoi 10.000 cani dalmata, tutti rigorosamente di terracotta, i quali nella giornata del 1° gennaio 2012 all’Angelus, avrebbero, attraverso un comando tecnologico azionato da Yum Ti Fil, depositato i “propri” escrementi finti nella Piazza San Pietro a Roma. I collezionisti di questo “notissimo” artista avrebbero potuto raccogliere, al prezzo di affezione di € 1.000, gli escrementi dei dalmata in contenitori di plastica trasparente che, seduta stante, sarebbero stati filmati, sigillati e firmati dal performer il quale sarebbe stato presente fino a quando l’ultimo degli escrementi non sarebbe stato raccolto. Il preziosissimo materiale sarebbe diventato così elemento da collezionare un po’ come i palloncini o le scatolette di Piero Manzoni, i bicchieri pieni d’acqua di Kounellis, i panetti di burro rancido di Joseph Beuys, e potrei continuare fino allo sfinimento. Ma, se questo è un sogno giornalistico dovuto ad una fenomenologia diffusa a proposito di ciò che vorremmo fare in termini di stranezze per accrescere il nostro prestigio e il nostra carisma su una società di allocchi pronti a credere che l’asino vola, di contro si può dire – per tranquillizzare gli scettici – che lo stesso Bruno Munari sosteneva di non prendersi molto sul serio perché “si può essere utili a noi stessi e agli altri se ogni tanto ci concediamo il piacere di essere anche macchine inutili”. Di fare cose senza senso e soprattutto senza utilità. Proprio come il lavoro di molti soggetti che affollano il pianeta. Ma se fin qui abbiamo scherzato, quella di Brian Jungen è una cosa vera ed è anche una cosa seria. A Kassel si andrà sul serio con il proprio fido. C’è da chiedersi cosa succederà al ritorno dalla Germania. “(…) se appena rientrati a casa, i nostri cari fedelissimi amici volessero intraprendere una nuova carriera, sai che dramma? Poniamo che per vie clandestine vengano a scoprire che “l’arte è la manifestazione sensibile dell’Idea”: come la mettiamo?” … Di questo passo, se poco poco loro, i cani, ci sgamano, ci siamo giocati la reputazione.“Ah, adesso ho capito”: pare proprio di sentirli sti neoartisti-cani, sti neocritici, o magari cani-artisti, -critici, -storici, -galleristi … E poi chi ci combatte più con un Fido ribelle, divenuto d’un colpo il miglior amico di Hegel… (…)” scrive sarcasticamente Franco Veremondi. Credo che sia ora di finirla con amenità di ogni genere. Gli uomini devono essere capaci di essere tali, senza “truccarsi” senza ricorrere a termini e in termini alternativi a stranezze di performance in cui nudi femminili o maschili affollano piazze come nel caso dell’Opera House di Sidney di Michael Tunick in cui cinquemila modelli nudi rimasero per cinque ore ad aspettare chissà chi e senza sapere che fare giusto per il gusto di uno che non sapeva probabilmente fare altro. I cani devono essere cani in ogni circostanza della loro esistenza senza che gli venga mai meno l’affetto dell’uomo il quale non deve mai essere cane come è il cane perché c’è il rischio che qualcuno lo mandi a cuccia.

                                                                             Francesco M. Scorsone

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