«La sua mamma. Era scesa dal nido e si arrischiava tra le grate, giù in fondo alle cantine scure Lei lo avrebbe aiutato! Lo avrebbe riportato al nido. Non lo dissi a nessuno e corsi fuori, sotto alla ubertosa siepe di rose, che come grossi pendagli scarmigliati, ciondolavano intorno alla mia testa. Lo capii in un istante, quello di cui parlavo sempre con i miei coetanei e di cui non avevo assolutamente idea. Che cosa sarei diventata da grande. In quel momento, sotto i grassi ciondoli vermigli, capii, con innocenza, cosa sarei stata da grande. Avrei aiutato gli animali. Quelli che cadevano nelle cantine, nei fossi, nelle trappole, lungo la strade, nelle gabbie. Avrei salvato loro e sì, ne ero certa, avrei fatto la mamma. Avrei aiutato e difeso i miei figli. Come quella piccola madre pennuta e scura, che per il suo piccolo, impavida, si era lanciata in picchiata nella cantina di una strega nera dagli occhi bianchi».
Elena ci affascina con i suoi scritti per la naturale pacatezza con la quale discorre di amore per il Creato e ci stupisce per l’altrettanta normale determinazione che la vede intervenire in prima persona per soccorrere, curare e riportare alla vita gli ultimi, quelli senza scampo.
Ridurre dolore e sofferenze, semmai prolungare ed espandere la vita quanto più a lungo possibile e restituire forze fisiche e fiducia ai suoi animali, costituiscono spinte irrinunciabili all’azione e siglano una dichiarazione spontanea di amore per la Terra e indistintamente per tutte le Sue creature.
Convinta sostenitrice della vita, legata alla tenerezza che scaturisce dagli esseri più deboli e sicura del suo futuro, Elena bambina scopre d’improvviso l’immensa gioia riposta nell’aiutare gli animali, tutti, a sopravvivere alle trappole del quotidiano.
Per nulla intimorita dal suo talvolta incomprensibile desiderio di porre in salvo anche il più piccolo essere vivente, lombrichi, lumache, coccinelle, Elena Della Giovanna trasmette serenità e passione sconfinate, talvolta ostacolate dalle difficoltà di percorso.
Sogna e agisce, interviene e recupera gatti e cani abbandonati, ma anche animali d’ogni specie, malati terminali, grandi e piccoli volatili, invalidi e soli. Somministra medicine, nutre e dona conforto, restituisce affetto, ama e coccola come una madre sa fare.
Attenta e impegnata, Elena si affanna a cercare casa ai suoi ospiti temporanei con l’intento prioritario di assicurare loro il trascorrere sereno degli ultimi giorni o mesi di vita: ospitalità temporanee, adozioni e affidi sono armi affilate per restituire senso alle sue intense giornate e gioia ai suoi piccoli grandi amici.
Madre di famiglia, moglie, donna e lavoratrice, Elena Della Giovanna trova spazio ed energie quasi sempre fresche per assicurare intensità d’affetto e accudimento ai suoi tre figli. Residente a Lodi, accoglie in casa piccoli ospiti pelosi che volentieri affianca ai suoi ragazzi regalando a tutti intensi momenti di condivisione e di sentimenti puri, per nulla costruiti.
Cresciuti tra pappe sbrodolanti, gocce, sciroppini, garze e ovatte, Francesco, Giovanni e Martino condividono con mamma Elena e papà Paolo lo straordinario dono della Vita, si appassionano e imparano ad amare tutti, anche donne e uomini, bambine e bambini indifesi e soli.
Educati al rispetto degli ultimi ed empaticamente vicini a chi è in difficoltà, i ragazzi si portano dietro ovunque, quindi anche a scuola, quella ricchezza di pensiero e di azione che li rende comprensivi e solidali, lottatori tenaci e indiscussi nel voler affermare il bene e accogliere le differenze.
Sicuramente attenti alle difficoltà, in misura maggiore rispetto ai loro coetanei, Francesco, Giovanni e Martino hanno imparato ad accettare debolezze ed imperfezioni, semmai a cercare una qualche soluzione per rendere più allegre e confortevoli le giornate dei loro compagni di classe, quando anche le difficoltà ne impediscono l’autonomia.
«… ero seduta in sala d’attesa e ricordo come fosse ieri, la dottoressa Elena Pogliani, del pronto soccorso laudense, che mi si è seduta accanto, leggendo i miei pensieri e perplessità. Mi ha detto una frase che ho poi condiviso con i miei figli: – è tipico dell’essere umano sconsolarsi e abbattersi per una malattia o disabilità, gli animali, dopo una menomazione, non hanno rimpianti, non provano nostalgia, semplicemente s’inventano un modo per essere felici. Corrono, giocano, amano … Semplicemente e immensamente vivono! non si sentono diversi, più brutti, meno degni o sfortunati… Le cose belle sono una delizia per gli occhi e lo spirito … però noi amiamo le cose difettose, diverse, buffe, simpatiche, ammaccate, scompigliate!»
Articolo di Rosaria Brocato
Pubblicato il 10 febbraio 2017 sul sito di DIPARTIMENTO SCUOLA • FIABA ONLUS