Chiunque abbia dei rudimenti di mineralogia, conosce benissimo i colori delle pietre rapportate alle loro origini ed inoltre tutti sanno che le pietre costituiscono l’ambiente in cui viviamo. Fin qui nulla di eccezionale nell’opera di Salvatore Leone, che potrebbe definirsi un ottimo osservatore della natura. Certamente distinguere le pietre e catalogarle in base al colore è cosa abbastanza facile ed intuitiva, ma sceglierne i colori in relazione alle opere da realizzare la faccenda diventa più complessa, come generalmente gli scultori sanno e fanno abitualmente.
L’opera di Salvatore Leone non ha nulla di tutto questo. In verità egli è una scultore della realtà ambientale siciliana, ma a lui non serve né il martello, né lo scalpello, ma semplicemente la poesia e le parole.
Il colore delle pietre, catalogate in cinque rigide parti, sono semplicemente il pretesto per dare un ordine al suo frenetico desiderio di descrivere il mondo siciliano. Un modo come un altro per dare un ordine logico ed una guida a chi legge. Un quadro sinottico delle sue emozioni poetiche osservando il mondo in cui vive.
Ne nasce un connubio ed un quadro variopinto in cui emergono ammirazione per la terra in cui è nato, profonda conoscenza del suo ambiente, affiorare di sentimenti e pensieri mai disconosciuti dal mondo intero, nonché di poesia vissuta e porta al lettore con animo sereno e con il cuore in mano.
Quello che a me piace è, che nulla emerge di polemico e di contrasto tra Nord e Sud, o di contrasto sociale e politico con altri ambienti della nazione e del mondo. Siamo in presenza di un’analisi poetica del nostro ambiente serena ed alla luce soltanto dei colori che illuminano edifici, strade, panorami ed opere d’arte, tutte di pietra come nelle altre parti del pianeta. Ne emerge il desiderio di far conoscere al mondo intero questa nostra realtà, che risulta il crogiuolo di tutte le civiltà con le quali è venuta a contatto, facendo tacere anche il sentore di campanilismi tra una località e l’altra della stessa Sicilia. Nessuna località, nessuna città, nessun paese è più siciliano dell’altro. Tutto è siciliano ancora, tutto è bello, poetico, georgico e bucolico; tutto è maestoso e degno d’ammirazione, dalle rocce nere dell’Etna alle spelonche gialle di tufo dell’interno, dalle marmoree effigi bianche ai ciottoli grigiastri delle strade, dai Peloritani alle Madonie, ai Nebrodi ed ai Monti Iblei. Mi limito a non citare i versi per ogni singola località o monumento per dare al lettore la possibilità di gustarne l’espressività.
Il verseggiare scorrevole, senza il ricorso a titoli e ad una metrica preordinata imbrigliata dalla rima e l’apparire improvviso, tra i versi in lingua italiana, di termini prettamente siciliani rende la lettura dell’opera molto piacevole ed è uno stimolo in più a voler conoscere le località o le opere descritte ed, a volte, semplicemente accennate, ribadendo inoltre la manifesta contiguità tra la lingua italiana e quella siciliana.
A chiunque volesse accedere alla lettura dell’opera auguro un ottimo viaggio tra le pietre miliari e storiche della nostra Sicilia, poiché, infine, di questo si tratta: un piacevole tuffo itinerante nel meraviglioso mondo siciliano.
Giuseppe Nasca