E’ iniziato benissimo il Festival dei Due Mondi 2015.
Sin dalle prime battute ho capito che la nuova edizione porta un vento rinnovato, moderno, grintoso e una proposta di riflessione necessaria.
Gli incontri di Paolo Mieli, che già lo scorso anno registrarono un incredibile successo, si preparano ad essere uno dei punti chiave dell’intera manifestazione.
“FARE I CONTI CON IL FUTURO”, questo il titolo accattivante degli incontri 2015.
Sul depliant illustrativo leggiamo: “C’è un momento in cui il futuro deve ancora accadere.Viene naturale chiedersi come lo immaginavano da bambini, i personaggi oggi protagonisti della società italiana .” Ma questa domanda vale anche per noi tutti. E così durante gli incontri di Paolo Mieli, nella splendida cornice del Monastero diocesano che li ospita, ripercorriamo la storia del personaggio intervistato e la storia d’Italia, la nostra storia e la storia di tutti i nostri conoscenti. Perché nella società globale, tutto diventa di tutti ed ognuno di noi rappresenta un pezzetto di questa età tormentata ed inquieta che ci è stata donata.
Ma anche le altre manifestazioni del Festival, oltre gli incontri di Paolo Mieli, sembrano invitare ad un riflessione verso il passato per preparare il futuro.
Come la Performance culturale “Alla ricerca del tempo perduto” che quest’anno spinge l’interesse verso un mancato incontro tra la cultura francese e quella italiana.
Metafora o realtà? Entrambe le cose, nella realtà si indaga sulla fase preparatoria di un grande film di Luchino Visconti annunciato, programmato iniziato almeno nei bozzetti e poi mai portato a termine. Il film sull’opera di Marcel Proust “Alla ricerca del tempo perduto.”
Performance culturale della Fondazione FENDI: un Evento di grande resa scenica, preparato con precisione e puntigliosa programmazione. Prima siamo stati affascinati dall’incontro al Teatro Caio Melisso , restaurato dalla fondazione Fendi e riconsegnato alla città di Spoleto come un prezioso gioiello, poi la visita nella ex chiesa della Manna d’Oro, spazio che Fendi ha allestito come una sorprendente immersione nel mondo di Marcel Proust e dei suoi personaggi , infine l’incontro di forte impatto emotivo all’ex Museo civico popolato da una galleria di personaggi e interpreti indimenticabili sulla tematica “Alla ricerca del Tempo perduto”.
Una mattina indimenticabile, un percorso di grande coinvolgimento psichico che merita un approfondimento.
Perché veramente non si può parlare solo di spettacolo, quest’anno l’operazione culturale in atto a Spoleto è qualcosa di più di un’attrattiva per turisti o un momento di svago, alto e di qualità, ma pur sempre svago culturale.
Quest’anno il Festival si presenta come una grande seduta di psicoanalisi collettiva. Portata avanti in punta di penna, senza invadere la dimensione della ragione, ma penetrante, insinuante, che senza via di scampo ti porta a poco a poco a ripensare.
Un ripensare la storia di tutti e di ciascuno.
L’occasione è ben centrata : la rivisitazione di un famosissimo testo di Marcel Proust.
Sono ancora troppo presa emotivamente ed invece ne voglio dare una lettura molto razionale, poiché l’operazione culturale imbastita a Spoleto è profonda e merita una lettura razionale oltre che emotiva.
Al Teatro Caio Melisso s’indaga su un Evento , su un fatto mai accduto: si analizza la preparazione del film che Luchino Visconti doveva fare sul famoso “Alla Ricerca del Tempo perduto” di Marcel Proust.
Già la scelta, così raffinata, della situazione è eclatante: indagare su qualcosa che doveva essere ma non è stato. Magnifica modernissima occasione di indagine!
Nell’era del virtuale indaghiamo il possibile, il sognato, l’immaginato ma mai avvenuto.
C’è forse qualcosa di più affascinante?
Qualcosa che poteva, era lì per lì per accadere…ma poi non è accaduto! Siamo nel virtuale allo stato puro. Così nel nero scurissimo del teatro – quel nero che soltanto il palcoscenico conosce fino in fondo nelle migliori scenografie- il professore Alessandro Piperno, grande connaisseur dell’opera di Proust , ci prende per mano e ci presenta Marcel.
Andrea Bosca ci ha raccontato la storia del film immaginato da Visconti su un testo di Enrico Medioli.
Ed avviene il miracolo: siamo immersi fino la collo nel nero della scenografia e nel buio della nostra psiche. Perché questo avviene : cominciamo ad indagare sul passato di questa Europa che ha tentato di dialogare :Visconti che racconta Proust!.
Questa cultura europea , innamorata di se stessa, ma incapace di costruire insieme questo GRANDE FILM, questa GRANDE EPOPEA, QUESTO DIALOGO ADORATO, DESIDERATO, MA ANNIENTATO DALLA STESSA IMPOSSIBILITA’ DI ESSERE ALL’ ALTEZZA DI TROPPA BELLEZZA!
Non è forse la storia del bagaglio della cultura europea che resta frammentato, disunito, splendida cattedrale a navate disunite e disomogenee che non riesce a costruire nulla oltre la facciata!
La metafora ci ha già conquistato l’anima quando entriamo, dopo gli applausi a teatro, nella ex –Chiesa di Sant’Eufemia.
Qui il cicaleccio dei caffè, la spiaggia, le parole dei bambini, i profumi, ci solleticano l’anima in una immersione totale nella psiche suscitata da una scenografia totale che ci travolge.
Sono pochi minuti : la visita è brevissima ma ci cuoce al punto giusto!
E poi si va all’ex Museo civico che dedica tutto il suo spazio alla riproposta incantevole dei volti, dei personaggi, dei bozzeti di Luchino Visconti per il film mai fatto.
E qui ci abbandoniamo, senza rendercene conto, ad un percorso psichico di alto livello, guidati da maestri eccellenti.
Un luogo dell’anima, della psiche, un itinerario del cuore fino all’infanzia.
Paradiso ed Inferno di Proust, ma Paradiso ed Inferno di tutti.
In una dimensione onirica ci lasciamo blandire dalla nostalgia, per i volti dell’infanzia , per i luoghi dei sapori e dei profumi del tempo passato. Ecco ho avuto voglia di fermarmi, di sedermi accanto a quei ricordi che erano di Proust, di Visconti, ma anche miei e della signora che mi camminava accanto.
Erano i luoghi del tempo passato per tutti noi che visitavamo in quel momento la trama del film mai fatto. E a quante cose abbiamo pensato con nostalgia, quante cose anche nella nostra vita si potevano fare ed invece sono rimaste lì, nello scrigno dell’anima, chiuse a chiavistello fino a Spoleto.
Fino alla domenica mattina del 28 luglio 2015 quando Spoleto ha ritrovato la chiave per aprire lo scrigno e regalarci la visita più affascinante : la visita dentro la nostra storia collettiva e personale.
Fuori la città si espandeva con i profumi della cucina umbra eterni e futuribili, ma dentro il tempo si era fermato e ci prendeva per mano per farci sognare di nuovo, per farci tremare come bambini alla vista delle monete preziose dentro lo scrigno che scompare e ricompare volteggiando nei sogni.
La classe e lo stile della Fondazione FENDI sono noti nel mondo, hanno illuminato il nome Italia nel mondo, ma in questa edizione hanno veramente fatto un salto culturale di grande effetto. La performance di Fendi ha colto nel segno : è necessario ripensare alla bellezza sprecata, a quanti troppi film mai fatti , eppure preparati con lo splendore di cui siamo capaci, è necessario trovare il futuro ripensando il nostro passato. E’ in noi stessi la soluzione, è nelle nostre radici l’albero nuovo che potrà darci ombra e ristoro.
Anna Manna Clementi