“Turpe est in patria vivere et patriam non cognoscere“: l’adagio pliniano è stato il motivo dominante della intensa serata all’insegna dell’entusiasmo per la storia catanese e siciliana, sul filone della vita e delle opere di Domenico Tempio, “Poeta nazionale” della Sicilia del Settecento: può così definirsi l’incontro svoltosi il 27 maggio, nel salone del Circolo didattico “G. Pizzigoni” di Catania, organizzato dall’Archeoclub della città etnea diretto con sapiente cura dalla prof.ssa Giusi Liuzzo, che ha avuto per relatore il dott. Francesco Giordano, studioso di storia patria e cultore delle memorie civiche.
Egli ha intrattenuto il folto e qualificato uditorio intorno alla figura del Poeta catanese, per rivalutarne gli aspetti di lirico satireggiante i vizi ed i costumi dei suoi contemporanei e limitare ad una ingiusta pubblicistica gli aspetti pornografici delle poesie erotiche, che se ebbero diffusione dopo la sua morte -quindi senza il consenso dell’autore- servirono all’epoca, circolanti in manoscritti, a “fari a lu seculu prucessi criminali” in senso etico, sferzando le corruttele dell’età illuminista.
Inoltre la visio mundi di Tempio poeta civile, è del tutto inquadrabile nell’universo massonico, di cui egli fece parte, concretata a Catania nella Loggia latomistica di Ignazio V Principe di Biscari, il mecenate munifico a cui la città tanto deve, con altre pochissime famiglie, per la ricostruzione post terremoto e dopo le distruzioni laviche, come per la beneficenza e l’apporto delle nuove idee il Vescovo Ventimiglia di Belmonte, anch’egli iniziato alla Frammassoneria e sodale di Tempio, a cui la città etnea tanto deve per le opere di carità, che ne fecero un perfetto apostolo di Cristo.
La Catania e la Sicilia del Settecento furono all’avanguardia dell’Europa, ben più di quanto le capitali europee lo fossero della Sicilia: se a Parigi, ha precisato il relatore, si scriveva nell’Encyclopedie che Palermo era stata distrutta dal terremoto, cosa mai avvenuta, in Sicilia le riforme illuminate dei Vicerè Caracciolo e Caramanico aprivano le porte della modernità e alla Sicilia si deve il primato della prima Costituzione dell’evo moderno, quella inglese del 1812, scritta dall’abate Balsamo.
Questo milieu culturale fu il mondo in cui visse e operò, con le sue indimenticabili favole teocritee e aristofanesche, Domenico Tempio. Così la liberta di cui il Poeta narrò in una celebre lirica, ancora oggi mèta perfettibile, altro non è che la “religione nei limiti della ragione” che Kant riteneva unica via per la Conoscenza.
Letture di poesie tempiane sono state nell’occasione esposte a cura di Alessandro Pennisi; Vera Ambra editrice di Akkuaria (che ha pubblicato il libro di F.Giordano “Domenico Tempio cantore della Libertà” nel 2011), ha infine precisato l’impegno che tutte le associazioni culturali debbono avere per coltivare le memorie storiche e perpetuarle nel tempo, nonchè la realtà che l’associazionismo deve fare rete per contrastare la sempre presente ignoranza. La luce dei tempi si dona infatti a chi sa, chi ignora è sempre destinato ad essere la marionetta nelle mani dei potenti di turno, che mai sono teneri con chi si fa guidare.
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Alcune istantanee della manifestazione
(qui il video: https://www.youtube.com/watch?v=3ky5H5Qhd0Q ):