Lo so che sei qui! Chi mi ha fatto la soffiata sa che con me non si scherza. Restio a ritornare in questa terra, vedere il vulcano ricoperto di neve mi ha sollevato, l’inverno è ancora padrone.
All’ombra della proboscide ti ho visto scorrere con il naso all’insù, come un normale turista, le Vie Etnea e Vittorio Emanuele, incantato nell’ammirare i tanti palazzi storici, ma a me non la dai a bere, conosco il tuo vero scopo. Accendo un’altra Camel, e con la cara M9 nella fondina continuo a pedinarti. Potrei bloccarti subito e farti rimpiangere di essere nato, ma preferisco coglierti sul fatto.
Il portone dell’Ostello degli Elefanti si richiude a fatica dietro le tue spalle. Ne avrai per un’ora, un buon pranzo mette sempre un po’ di sonnolenza cosi hai deciso di riposarti prima di commettere il delitto. Devo darti merito che sei un buongustaio. Anche ieri sera hai scelto bene: ristorante “Novecento”, dove non scherzano nemmeno i vini. Li, hai cenato con i tuoi amici “artisti scrittori” nient’altro che falliti scribacchini. Intento a pavoneggiarti fra una pietanza ed un’altra non hai notato la mia presenza. Giacomo Giacomelli, ispettore di pubblica sicurezza, sa diventare invisibile quando vuole per poi colpire duro all’improvviso.
Come stamattina, mentre ti barcamenavi fra la poppa e la prua di quel diciotto metri adibito a Bed & Breakfast navigante, potevo spuntare alle spalle di Vera Ambra spingerla giù dalla banchina rubargli il Tablet e cancellare ogni traccia delle tue nefandezze; ma ho preferito aspettare e continuare a seguirvi. Nonostante il sole avesse fatto capolino al mercato del pesce, le tende dei pescivendoli oltre a irrorare di rosso le mercanzie mi proteggevano da un caldo quasi primaverile. Così mentre voi fra una foto e un acquisto attraversavate quel budello di vita sorseggiavo un bicchiere di Sabbie dell’Etna D.O.C.
Con spalle alla cattedrale di Sant’Agata, nel pomeriggio mentre piccole band diffondevano del buon rock fra le vie del centro uscito dal portone con il tuo solito fare curioso ti dirigi al Museo Emilio Greco dove a breve faremo i conti. Con una bella Camel fra le labbra e la M9 pronta a scattare giro fra le stanze del museo fra le opere di questo fantomatico Emilio Greco e quelle degli autori di Akkuaria.
È iniziato. Seduto a fianco di Vera Ambra porti alla luce i fatti che mi hanno visto coinvolto. I tuoi sorrisi mi innervosiscono, stringo in pugno la M9 pronto ad aprire le danze.
Come ti sei permesso di rendere pubbliche le mie confessioni, sì hai ragione, sono stato io che ti ho costretto ad ascoltarle. Avevo deciso di farlo dopo che, seduto al mio solito tavolo, ti ho visto entrare per la terza volta consecutiva e accomodarti all’angolo del locale. Ottima scelta, ed altrettanto ottima è stata la scelta della bottiglia di rosso. Così, preso in simpatia, ho indagato su chi eri e che cosa facessi li. Uno sventurato scribacchino in cerca di ispirazione. Forse per aiutarti o forse per orgoglio ho deciso di raccontarti qualche mio caso, ma il tutto doveva rimanere li, al massimo dovevi prendere spunto e non sputtanarmi come hai fatto pubblicando il tutto in una serie di racconti intitolati: “ Sprazzi di nebbia; Quando c’è il morto Giacomelli lavora gratis.” Certo potevo querelarti, ma che gusto c’è a far lavorare gli avvocati, un bel discorso a quattr’occhi con la bocca della M9 sulla fronte è quello che chiamo lavoro. Sotto lo stipite della porta ascolto con attenzione.
Man mano la presentazione prosegue allento la presa della M9 compiacendomi dei casi risolti. Accendo una sigaretta fregandomene degli sguardi sdegnati, che si fottano; non c’è niente di meglio di una sigaretta e un buon rosso per festeggiare la riuscita di un caso, deciso a lasciarti vivere, per ora, mi dirigo al più vicino bar mentre la coda del soprabito segna la mia presenza nel Viaggio tra le Vie Dell’Arte.