Unità d’Italia: storia e letteratura

Posted by on Aug 2nd, 2012 and filed under Cultura. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

La recente ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia ci ha offerto alcuni spunti di riflessione storici e letterari.

L’anniversario è caduto, purtroppo, in un delicato e difficile momento economico, politico e sociale nel quale gli animi non erano molto propensi a celebrazioni e festeggiamenti. È serpeggiata tra gli attenti osservatori la fondata impressione che gli eventi celebrativi fossero stati alquanto diluiti e ridotti rispetto a come, con tanto entusiasmo, erano stati programmati. Son venuti fuori anche contestazioni e dissensi.

Auspichiamo, allora, che quanto in argomento viene tuttora scritto e rievocato riesca a tenere vivo il sentimento di italianità faticosamente raggiunto soltanto allorché i tempi furono maturi per l’evento.

Gli eventi favorevoli si prospettarono nel Piemonte dei Savoia. Qui si era formato un regno politicamente ben organizzato e in esso trovavano asilo gli esuli degli altri stati della penisola italiana. La conoscenza del territorio e della situazione locale che quegli esuli avevano sicuramente tornò molto utile alla riuscita della causa. Con loro il primo nucleo di “italiani” esisteva già a Torino e premeva perché si passasse all’azione. Anche se a malincuore da parte dei repubblicani, nel regno sabaudo fu individuato il soggetto che avrebbe potuto aggregare a sé i tanti Stati esistenti.

Ben note sono le vicende legate ai tanti moti rivoluzionari e alle varie guerre d’indipendenza. Per ripercorrerle ci servirebbe molto spazio e tempo. Ci limitiamo allora a esaminare qualche aspetto del processo storico che potrebbe essere meno conosciuto o avere avuto meno attenzione degli altri.

Un notevole ruolo nel ritardo della maturazione dei tempi lo ebbe la Chiesa Cattolica con l’ultra millenaria difesa del suo potere temporale perseguita ricorrendo anche alla Sacra Inquisizione e all’Indice dei libri proibiti. Alla luce di quest’atteggiamento del passato possiamo dire che è sembrato persino sorprendente che nel corso dei festeggiamenti la Chiesa abbia manifestato il suo vivo compiacimento per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. E questo è accaduto durante la celebrazione, nel 2010, della breccia di Porta Pia avvenuta il 20 settembre 1870, episodio bellico che determinò l’annessione di Roma al Regno d’Italia e la fine del potere temporale dei Papi.

Alla cerimonia c’erano autorevoli rappresentanti della Chiesa, volta adesso all’adesione a quelle idee unitarie avversate per secoli. La Conferenza Episcopale Italiana ha organizzato persino il Progetto Culturale (dedicato all’Unità) dell’Italia e nelle varie giornate di svolgimento di esso vari relatori hanno posto l’accento sull’interesse e la preoccupazione dei vescovi per le vicende dell’Italia.

La Chiesa per arrivare a tale posizione, partendo dall’iniziale visione dell’unità attuata con un progetto anticattolico, ha attraversato la fase della proclamazione di un anno di “lutto” per la perdita dei territori sui quali esercitava il suo potere temporale (manifestata in occasione del Cinquantenario dell’Unità), la sottoscrizione dei Patti Lateranensi nel 1929, lo scioglimento dei corpi militari vaticani attuato in occasione del Centenario dell’Unità d’Italia e l’Accordo, detto di Palazzo Madama, modificativo dei Patti Lateranensi stipulato nel 1984.

Questa attuale posizione della Chiesa senza dubbio giova sia al Paese che a alla Chiesa stessa, in quanto le consente di esercitare il suo magistero da una posizione morale scevra da pesi politici ed economici, ma quanto tempo c’è voluto per arrivarci!

Fatta l’unità d’Italia nel 1861, per il completamento del processo bisognò poi attendere il 1918, quando fu possibile raggiungere l’annessione del Trentino-Alto Adige e della Venezia Giulia.

Volendo rivolgere la nostra attenzione anche alla letteratura, che ha sostenuto l’anelito politico e affiancato l’evoluzione storica dell’unità, ci è parso opportuno ricorrere al supporto del saggio di Carmelo Ciccia “Gli scrittori che hanno unito l’Italia – Sintetica rivisitazione della letteratura italiana nel 150° dell’Unità (1861-2011)”. Il testo è accattivante nella semplicità della sua copertina e intrigante per l’argomento trattato e ci offre tanti e interessanti spunti di approfondimenti letterari inquadrati negli eventi storici. Il volume, redatto dall’autore su espressa richiesta della Libraria Padovana Editrice, è stato pubblicato nell’ottobre del 2010.

Nell’analisi di questo percorso, comprendente le tante correnti letterarie e i tanti scrittori, dobbiamo necessariamente procedere con salti evidenziando, comunque, il contributo iniziale della scuola poetica siciliana alla quale attinsero Dante Alighieri e sulla sua scia Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. I tre grandi letterati furono poi i modelli ai quali gli altri scrittori fecero riferimento per la loro scrittura e con le loro opere uniformarono quella lingua che da volgare divenne “nazionale”.

Dante, che nel suo Inferno fu il primo a indicare i confini della futura Italia, fu anche il primo a coniare per essa l’espressione “il bel paese”. Egli fu seguito dal Petrarca che utilizzò questa espressione nel sonetto O d’ardente vertute.

A questi due autori riportati dal Ciccia è da aggiungere Antonio Stoppani (Lecco 1824-Milano 1891) che a distanza di secoli con la stessa espressione intitolò nel 1875 il suo libro più famoso e popolare, e lo fu tanto che dal 1906 una nota industria casearia, ha ritenuto opportuno utilizzarla come marchio commerciale di un suo prodotto. Questa felice espressione apprezzata e diffusa per tanti secoli ha finito con l’essere recepita nel comune intendimento come la definizione per antonomasia dell’Italia. Anche la bellezza che unisce il Paese è stata preludio e veicolo utile alla formazione della coscienza nazionale!

Scorrendo l’agevole testo riscontriamo che il primo a proporre che la nuova lingua si chiamasse italiana anziché volgare fu nel ‘500 il poco conosciuto Alessandro Citolini, il quale fu anche autore della prima Grammatica italiana. Altro primato è da attribuire a Girolamo Tiraboschi che nel ‘700 redasse la prima Storia della letteratura italiana.

Il Risorgimento storico trovò nell’inquieto Romanticismo letterario un formidabile alleato. Le odi Marzo 1821 di Alessandro Manzoni e All’armi di Giovanni Berchet, il libro Le mie prigioni di Silvio Pellico (che – come fu detto – valse all’Italia più di una battaglia vinta), l’inno (poi diventato nazionale) di Goffredo Mameli e tutta la letteratura fiorita intorno alle imprese garibaldine furono trainanti nel raggiungimento dell’indipendenza.

Nei primi decenni dell’unità si diffuse il Verismo. Questa corrente letteraria viene dal Ciccia, così come generalmente da altri, indicata come importata in Italia da Luigi Capuana. Su questo punto si potrebbe fare qualche riserva e individuare quale primo introduttore del Naturalismo francese, convertito poi nel Verismo italiano, Emanuele Navarro della Miraglia (Sambuca di Sicilia 1838-Roma 1909).

Il Navarro fu studente alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania insieme al Capuana nel 1857, militò nelle file garibaldine nel 1860 e si trasferì a Parigi dove visse dal 1861 a circa il 1870. Qui pubblicò, in francese, un volume di novelle e frequentò i salotti letterari nei quali venne introdotto dall’amico Alessandro Dumas, figlio. Egli fu anche amico di Émile Zola e più che amico di George Sand. L’ambiente che soleva frequentare era, insomma, proprio il centro del Naturalismo.

Alla luce di quanto sopra esposto ci sono buoni motivi per ritenere che il Navarro al suo rientro, a Catania, abbia ben potuto esporre agli amici Luigi Capuana e Giovanni Verga quella corrente letteraria. In parecchie città d’Italia il Navarro continuò poi la sua attività di giornalista, scrittore e docente. Egli insegnò letteratura francese all’Istituto Superiore Femminile di Magistero a Roma e in esso fece assumere, quale professore di letteratura italiana, il Capuana. In quella cattedra a Luigi Capuana subentrò poi Luigi Pirandello.

Questi letterati siciliani che operarono nelle varie città d’Italia, mediante il successo e la diffusione delle loro opere, arricchirono notevolmente il patrimonio culturale nazionale e lo unificarono ancora di più.

In quello dedicato ad autori contemporanei lo spazio riservato nel testo a Ignazio Silone riporta alla mente dello scrivente il piacevole ricordo di un corso residenziale per la formazione culturale e civica di dirigenti di Circoli di Cultura. Fu, quella, una settimana d’intenso studio e di civile confronto d’idee trascorsa, insieme allo scrittore, nel castello dei duchi Caetani a Sermoneta, in provincia di Latina. Tema principale del convegno era “Il cittadino e la vita democratica”. All’epoca Silone, ormai lontano dalla militanza politica, si dedicava con impegno a tale attività svolgendovi, con modestia, il ruolo di primus inter pares.

Concludiamo dicendo che il volume di Carmelo Ciccia, che ci ha fatto da guida in questa parte dell’excursus letterario, ben si presta ad essere utilizzato per diffondere e rafforzare la conoscenza e la coscienza dell’italica unità e civiltà.

Paolo Ziino

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