Storia della rinascita di una donna: il day by day di una lotta per la vita in un intenso racconto pubblicato da Edizioni Akkuaria
«Ed egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita di un gabbiano» (Richard Bach)
Sarebbe utile convertire al femminile questa frase tratta dal famosissimo Il Gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach per riassumere la vita dell’autrice. Maria Tripoli è la penna e la protagonista del romanzo autobiografico La casa dell’adolescenza rubata (Prefazione di Vera Ambra, Edizioni Akkuaria, pp. 120, € 12,00). L’autrice è un’artista nata come pittrice che, a un certo punto della sua vita ha sentito la necessità di mettere per iscritto le proprie sensazioni e la propria storia.
Prende corpo così questo libro, un romanzo che è una ferita aperta all’interno del quale il lettore può toccare con mano e sentire sulla propria pelle i tormenti che hanno afflitto questa coraggiosa catanese ma al contempo assistono alla sua guarigione fino a gioire con lei per la serenità conquistata.
Le prime pagine possono ingannare, raccontando di una Maria serena, felice e innamorata. Suscita quasi invidia il rapporto tra l’autrice e un uomo incontrato per caso. Sembra quasi di vederla questa bella donna di mezza età camminare con occhi sognanti in riva al mare, mano nella mano con un uomo che la ricopre di attenzioni. Ma nel momento in cui Maria apre il suo cuore e la penna scorre tra le pagine ricordando il passato, i suoi occhi cominciano a rattristarsi.
Essere donne è un “mestiere” per nulla semplice soprattutto se bisogna fare i conti con una società per certi versi ancora troppo maschilista e con un universo familiare che costringe a fare delle scelte, spesso obbligate e spesso sbagliate che cambiano la vita. E così è stato per l’autrice, madre e moglie troppo giovane, succube del potere degli uomini imposto sulla sua volontà di donna, una sognatrice alla quale hanno tarpato le ali prima di poter spiccare il volo.
Sullo sfondo della provincia catanese, facilmente riconoscibile, in una terra tra fuoco e mare, l’autrice, «figlia inquieta del vulcano capriccioso», mette a nudo tutta se stessa, senza vergogna. Racconta delle sue gravidanze non tutte vissute con piena consapevolezza di madre, del matrimonio combinato, della convivenza con la famiglia e del rapporto col padre, della lontananza dal marito e della successiva separazione dai figli, delle svariate malattie e infortuni che l’hanno colpita. Analizzando la storia di Maria, gli spunti di riflessione sono molteplici.
I vari capitoli già dai titoli non nascondono l’amore dell’autrice per il già citato libro di Bach, ed è proprio il tema del volo del gabbiano l’elemento unificante del libro: la ricerca della felicità spiccando il volo da un’alta scogliera, il trovare finalmente riparo tra le braccia del suo Angelo dopo una lunga sofferenza, fare la muta da una pelle che non le appartiene più e rinfrancare lo spirito tormentato nella semplicità di un amore maturo. A questi si aggiungono temi più pragmatici come il voler raggiungere un’ indipendenza sia lavorativa che mentale, l’impotenza di fronte a certi imprevisti della vita soprattutto economici e la difficoltà di poter sopravvivere vivendo di arte.
«Scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che noi apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, con le stesse limitazioni» (Richard Bach)
Sta proprio nella scelta di un nuovo orizzonte il fulcro del libro, come l’autrice stessa si è definita «la donna ferita dalla vita è risorta Fenice dalle sue stesse lacerazioni»: ha imparato cioè dai suoi errori ed è pronta per vivere in una nuova pelle. Un percorso di vita estremamente difficile quello di Maria, costellato da una tristezza spesso contagiosa, privo comunque di pietà e compassione perché davanti ad una donna allo stesso tempo così fragile e forte non si possono provare simili sentimenti. Si rimane ammirati davanti a tanta forza di volontà scaturita da una sola donna che non è stata baciata dalla fortuna neppure da bambina.
La vita non è un percorso semplice per nessuno, è fondamentale imparare a smettere di “subire” la vita preferendo “viverla”. Scrivere la propria storia ha aiutato questa neo-nata scrittrice ad acquisire una nuova consapevolezza, quella di essere una donna vibrante, sensuale e desiderosa di essere viva e mostrarsi al mondo.
È chiaramente un esercizio terapeutico questo libro, un diario segreto all’interno del quale esprimere tutto il proprio dolore ma anche tutta la propria felicità. E l’autrice lo fa come le riesce meglio, leggera come la punta di un pennello, sfumata come un colore tenue. Mai rude, né verbalmente violenta, posiziona in modo strategico all’interno delle sue pagine dei brevi componimenti che si inseriscono e combaciano perfettamente con una prosa un po’ lirica che ben si addice alla protagonista.
Una vitalità linguistica che costringe il lettore ad essere ottimista e lasciarsi trasportare dai ricordi di una vita, e trarre spunto per vivere in maniera più sincera e libera la propria.
Claudia Santonocito
(www.excursus.org, anno IV, n. 40, novembre 2012)