Su Focus.it del 21 marzo 2012 a proposito di un esperimento famoso del padre della meccanica quantistica Erwin Schrodinger, premio Nobel per la fisica nel 1933, si legge: “Supponiamo di avere un gatto chiuso in una scatola dove un meccanismo (con il quale il gatto non può ovviamente interferire) può fare o non fare da grilletto all’emissione di un gas velenoso. Per entrambe le situazioni la probabilità è esattamente del 50%. Secondo Schrodinger, visto che è impossibile sapere, prima di aprire la scatola, se il gas sia stato rilasciato o meno, fintanto che la scatola rimane chiusa il gatto si trova in uno stato indeterminato: sia vivo sia morto. Solo aprendo la scatola questa “sovrapposizione di stati” si risolverà, in un modo o nell’altro. La vita del gatto è di fatto nelle nostre mani: può sembrare paradossale, ma il senso è che l’osservazione determina il risultato dell’osservazione stessa.”
Mi è capitato di leggere questa annotazione di sfuggita nel web e di discuterne con amici ingegneri, fisici o comunque persone imparentate con la scienza. Perché la mia identità di poetessa e scrittrice trova questo esperimento interessantissimo. E così ho voluto sposare una dimensione scientifica intrigante e continuare ad analizzarla, scrutarla, applicarla infine alle situazioni della vita più disparate.
Ognuno ha le sue manie o stranezze, questa storia della mia psiche e della mia indole letteraria che s’incanta della scienza è nota! Parlo spesso di multidisciplinarietà, lancio progetti in cui l’Arte e la Scienza vanno a braccetto, dico che lo faccio per gli altri a scopi didattici. La verità è che lo faccio per me, poiché questo scontro-incontro lo trovo di importanza esistenziale, o più semplicemente affascinante. Questo esperimento di meccanica quantistica ha dato origine a mille dibattiti ed ha suscitato mille problematiche. Ad esempio, sintetizzando al massimo, non è la vita del gatto nelle nostre mani, lui se è vivo è vivo e se è morto è morto. La sua realtà esiste senza di noi. Ma la visione della sua realtà e quindi l’affermazione della situazione dipende da noi, dal nostro sguardo. E la realtà che ne consegue. Ad esempio i funerali dal gatto! Oppure il suo uso per altri esperimenti. Il futuro dipende dal giudizio che diamo sulla realtà presente e dalle relative decisioni. Così il gatto di Schrondinger ci racconta l’importanza della nostra valutazione degli eventi. Perché rende protagonista chi si smuove dal letargo e va a vedere. Cioè l’azione esterna alla situazione quasi quasi la determina. Senza addentrarmi nelle varie casistiche del’esperimento, che pure sono molto interessanti, arrivo al nocciolo della questione.
L’osservazione è la via principale, il percorso più onesto, la leva formidabile per smuovere qualunque velo ed arrivare alla verità. Chiedo scusa del linguaggio forse troppo semplice e lineare per affiancare un esperimento scientifico, ma credetemi, è l’unico linguaggio che oggi arriva a tutti. Capisco che così mi sono costruita un alibi comodo nella trattazione semplicistica ma è sincero e posso parlare attraverso la rete e l’ottica del pane al pane e vino al vino, senza infastidire, o risultare eccessiva. Se è pane sfamerà, se è vino ci tirerà su o ci ubriacherà secondo quanto ne usiamo. Usiamo per ora una lente. Che ci sfami perché analizza a fondo, che ci tenga svegli perché l’argomento è interessante, che ci renda ebbri, gioiosi, vivaci e pronti allo scatto. Almeno a quello culturale.
EUROPA! Parola oggi di grande attualità. EUROPA della burocrazia? EUROPA dei trattati? EUROPA dei Sacrifici ? A voler cercare il senso dell’Europa girando per l’Europa si rischia di perderne le tracce. Ma è viva l’Europa? È morta seppellita in un mare di difficoltà? Eccolo il gatto compare in un esperimento che investe la nostra storia, il nostro futuro, la nostra esistenza. Il gatto dell’Europa sonnecchia nelle leggi, nei trattati, nella burocrazia, ma è capace ancora di miagolare, di far sentire la sua voce, di accendere gli animi come le poetesse del Risorgimento, le poetesse di Garibaldi che infiammavano patrioti italiani? Non credo. Cosa ne sappiamo degli europei? Esistono? Li abbiamo educati all’Europa? Il gas velenoso dell’indifferenza, dell’ignoranza sulla storia europea, l’antieuropeismo nutrito da situazioni veramente disastrose che costano a volte la vita, da drammi di esistenze spezzate per la povertà che avanza, è stato già letale? Ha ucciso già il gatto che sonnecchia per l’Europa? È per questo che sono andata a guardare, ho voluto registrare il pensiero, le speranze, le denunce di chi con me parlava di Europa. Certo mi si dirà è un microcosmo tuo, troppo piccolo per dare un risultato. Certamente! Anche nell’esperimento del gatto si formulò questo dilemma: ma la situazione che il visitatore della scatola chiusa trova è definitiva ed unica? Oppure è la sua situazione, quella che trova lui e magari se un altro, pochi attimi prima apre lo scatolone, trova il gatto vivo? Ecco la smentita tra due situazioni analoghe. Ma se troviamo il gatto morto, il discorso è chiuso, se invece ancora non è avvenuto l’irreparabile ancora abbiamo speranze di salvarlo. Allora andare a vedere è comunque sinonimo di azione positiva, di padronanza della situazione, di costruzione, in un senso o in un altro, del nostro futuro. Andiamo allora a vedere l’Europa della cultura a che punto è. Se è morta nell’animo degli italiani, se ancora miagola, se mai ha miagolato. Perché se non troviamo speranze, progetti, impegni, senso del futuro, insomma se l’Europa della cultura è morta. . . allora l’esperimento è finito. Con la morte del gatto. E con la morte di un progetto necessario all’equilibrio del mondo.
Il convegno “Europa e Cultura verso un nuovo umanesimo” e questo libro, che ne ripropone le relazioni allargando il dialogo anche ad altre firme prestigiose della cultura italiana, ad esperti in materia, ad artisti, a giovani, a studiosi, vanno a vedere. Questo voler andare a vedere mi accende come un buon bicchiere di vino, mi sfama con un pane onesto intellettualmente che racconta il sapore vero: fresco o stantio che sia.
Ho raccolto le relazioni senza alcuna censura, ognuno ha espresso la sua opinione che ho democraticamente rispettato. Secondo la professione o l’intento della relazione e della partecipazione al dibattito. Alcuni hanno parlato in versi, altri hanno toccato l’argomento di sfuggita, sviluppando un discorso sulla poesia che ritengono generale senza distinguo geografico socio-politico. Ed anche questa è un’indicazione possente.
L’Arte, la Cultura, l’approccio e il metodo scientifico ai problemi non servono forse a descrivere la realtà, a capirla, sublimarla, a renderla vivibile? Formare gli europei, ascoltare le loro speranze, progetti, inquietudini, timori. Educazione alla cultura, sviluppo della cultura, confronto e scambio delle culture. Tutto il resto è burocrazia.
Di vita breve anche se, troppe volte, drammaticamente reale.
Anna Manna Clementi