13 Gennaio 2012, “l’ammiraglia” della flotta Costa Crociere, la Concordia, si infrange contro gli scogli lungo il litorale dell’Isola del Giglio
È trascorso poco più di un secolo dal 14 Gennaio 1912, data in cui il RMS Titanic, transatlantico della Olympic Class, naufragava a seguito di una devastante collisione con un iceberg durante la traversata con rotta da Southampton a New York.
La tragedia che si è consumata a bordo del Titanic ha per prima evidenziato i rischi per la vita umana in ambito marittimo. Più o meno simili le modalità con cui la nave da crociera della flotta Costa è andata incontro allo stesso destino: il naufragio. Stavolta, però, non l’impatto con un iceberg a causare la vicenda, ma l’esibizione di un “inchino” contro le rocce della scogliera antistante l’isola del Giglio, nell’arcipelago toscano.
Ciò che, sicuramente, non può essere raffrontato con il naufragio del Titanic è il comportamento del comandante: Edward J. Smith preferì seguire il destino del suo transatlantico affondando con esso, mentre Francesco Schettino, comandante della nave da crociera, è considerato essere uno dei responsabili della tragedia e accusato di omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono di nave, reati che possono costargli non meno di quindici anni di reclusione. Intanto è giunta nei giorni scorsi la decisione del GIP di concedere gli arresti domiciliari a Schettino, decisione contro la qualela Procuradella Repubblica di Grosseto ha depositato ricorso al Tribunale del Riesame di Firenze con relativa richiesta di custodia cautelare. Nel registro degli indagati figura anche il secondo ufficiale in plancia, Ciro Ambrosio, ma non è da escludere che il numero degli indagati possa aumentare col proseguire delle indagini.
La notizia, immediatamente resa nota dai rotocalchi di tutto il mondo, getta ulteriormente fango sull’immagine del nostro Paese all’estero. Il quotidiano britannico, Daily Telegraph, paragona lo stile di guida del comandante della nave a quello tipico di un pilota di una monoposto Ferrari;la BBC Newsha avuto, invece, da sindacare sulla scadente qualità delle manovre di evacuazione e sull’incompetenza del personale di bordo; su Tv Taiwanla Next MediaAnimation ha realizzato un cartone 3D dedicato al comandante della Concordia ed intitolato “Capitan Codardo”. Si pensava potesse essere una cosa di poco conto la mancata rottura della bottiglia contro lo scafo, durante la cerimonia di inaugurazione nel 2006…
Secondo le prime ricostruzioni, i fatti dovrebbero essersi verificati più o meno così: venerdì 13 la nave da crociera Costa Concordia, con itinerario “profumo degli agrumi”, salpa alle 18.30 dal porto di Civitavecchia e inizia il tour di sette giorni. Intorno alle 21.45, verso l’ora di cena, la nave si trova in prossimità dell’Isola del Giglio, quando a causa di un passaggio ravvicinato alla costa (circa 150m dalla riva) impatta uno scoglio che provoca l’apertura di una falla di 70m cr.
Dallo squarcio creatosi sulla chiglia la nave comincia a imbarcare acqua. Il comandante viene avvisato dello stato di allagamento della sala macchine, ma non viene dato l’allarme. Alle 22.08la Capitaneriadi porto, avvisata dai Carabinieri di Prato, chiama la nave ma da questa non viene dichiarata alcuna emergenza. Viene deciso di cambiare direzione per avvinarsi alla costa e far depositare la nave al limite tra uno “scalino” del fondale, al quale è appoggiata, con una profondità di 37m ed uno che scende fino a 70m, profondità alla quale lo scafo verrebbe completamente sommerso. La nave si arena a nord di Giglio Porto, a Punta Gabbianara. Solamente alle 22.50 il comandante ordina l’evacuazione, e lo stesso abbandona, poi, la nave fuggendo con una scialuppa di salvataggio. Alle ore 00.50la Guardia Costieraprende il controllo della nave, ormai inclinata di novanta gradi. Le operazioni di evacuazione sono andate avanti fino alle tre del mattino del giorno seguente, con il conseguente recupero dei primi cadaveri.
Ma le cose sono andate realmente così? Questo si potrà dire solo quando lo stato delle indagini sarà maggiormente avanzato. Per ora le attenzioni dei media si concentrano sulle responsabilità del comandante. A seguito delle riprese delle telecamere di sicurezza, è stata recentemente ipotizzata una presenza femminile in plancia al momento dell’impatto: la ragazza moldava in questione, Dominica Cemartan, si trovava in compagnia del comandante. Ennesimo interrogativo, che al momento non trova risposte certe. Ad ogni modo, Schettino ha indubbiamente le proprie responsabilità, ma è inconcepibile che un semplice e banalissimo errore, seppure umano, possa nel XXI secolo avere conseguenze così drastiche. Insomma, l’unica differenza dal naufragio del Titanic è il bilancio dei morti, di gran lunga inferiore e quasi “irrisorio”.
Ammonta momentaneamente a dodici il bilancio parziale delle vittime, dopo una settimana dalla tragedia, mentre scende a venti il numero dei dispersi. Schettino, mentre assisteva dagli scogli all’affondamento della nave, riceve una telefonata dal capitano della Capitaneria di Porto di Livorno, Gregorio De Falco: questi lo invita a tornare sulla nave per informarlo della situazione e per coordinare le operazioni di evacuazione; il comandante assicura di eseguire l’ordine, ma in realtà non farà mai più ritorno sulla nave. In una seconda telefonata tra Schettino e De Falco, il comandante riferisce di aver comunicato l’avvenuto alla Compagnia di appartenenza e di aver contato circa un centinaio di passeggeri, ma ribadisce di non poter fare ritorno a bordo della Concordia. Persistono, però, molteplici dubbi in merito al modo in cui si sono svolti i fatti.La Compagniaarmatrice Costa Crociere, durante la conferenza stampa del 16 Gennaio, per mezzo del Presidente e Amministratore Delegato, Pier Luigi Foschi, ha dichiarato che la manovra di avvicinamento alla costa né era stata impostata secondo la rotta, né autorizzata dalla Compagnia, quindi da considerarsi iniziativa del comandante. Aleggia il mistero su quanto concerne gli ordini impartiti a Schettino dall’unità di crisi della Costa ed in particolare dal marine operator director (manager delle operazioni marittime), Roberto Ferrarini, al momento della comunicazione dell’avvenuto impatto e del successivo naufragio. Dalla Costa è stato probabilmente ordinato di far mantenere la calma tra i 4234 passeggeri, che, a seguito del blackout successivo all’impatto, erano in stato di agitazione. Vengono invitati a indossare i giubbotti salvagente (tra l’altro, per numero, insufficienti) e di rientrare nelle proprie cabine. Molti vengono indirizzati verso il ponte 4, zona in cui confluirà il maggior numero di vittime. Ecco spiegato l’attesa di un’ora e 40 tra avviso e ordine di abbandono. Inoltre la compagnia decide di contattare una società genovese per la riparazione della falla nello scafo, evidentemente stimando il danno meno grave. A far luce sull’accaduto ci penseranno le registrazioni delle conversazioni telefoniche e l’analisi della “scatola nera”, che verranno esaminate durante le indagini dal GIP. Allo stato le operazioni di recupero proseguono con la massima cautela e precisione, visto lo stato precario della nave e delle condizioni metereologiche. Il principale interesse è, al momento, il ritrovamento di eventuali sopravvissuti (sebbene le possibilità vadano scemando) nell’ardua impresa di perlustrazione degli ambienti e delle 1500 cabine della nave; ma in primo piano viene sempre messo il progetto per scongiurare l’emergenza ambientale e la rimozione della nave. La situazione può considerarsi tranquilla fino al momento in cui le condizioni metereologiche manterranno stabile la posizione della nave e fino a quando le cisterne non subiranno danni, evitando, così, la fuoriuscita di petrolio, evento che porterebbe al disastro ecologico. La compagnia armatrice si è, quindi, affidata alla Smit Salvage, società olandese specializzata nella messa in sicurezza dei relitti e nel recupero di questi, che nell’arco di non meno quattro settimane svuoterà, con la tecnica dell’“Hot Tapping” (estrazione del combustibile e immissione di acqua per controbilanciare il peso),la Concordiadi oltre 2400 tonnellate di carburante. Ma quali conseguenze portano questi eventi al marchio Costa? Carnival, proprietaria di Costa Crociere, crolla in borsa e ha portato il titolo a perdere alla London Stock Exchange fino al 23%. L’episodio costerà alla compagnia 95 milioni di dollari cr. Secondo i preventivi di XL Group e Espirito Santo Investment bank, società assicuratrici a cui si era affidatala Costa, ogni vita umana che si è spenta in mare vale più di 400 mila euro, per un monte di danni assicurativi che si aggirerebbe intorno ai 1,2 miliardi di Euro.
Oltre al danno materiale, di fatto, la Costava incontro a un danno di immagine: le suggestioni dell’utenza potrebbero provocare un “calo” delle prenotazioni. Nonostante tutto, però, le statistiche non registrano gravi perdite nel settore: la gemella della Concordia,la Serena, è partita il 18 Gennaio per lo stesso itinerario, transitando appunto dietro il relitto della nave naufragata. L’ultimo capitolo di questo libro giallo è costituito dalle vicende relative agli “inchini”, prassi marinara di saluto assai diffusa. Ed è stato proprio un inchino a delineare l’epilogo della Concordia: un omaggio a uno tra Mario Palombo, ex comandante della nave, e Antonello Tievoli, maître della nave, entrambi originari dell’isola.
Tra l’altro questa prassi irregolare si è verificata per più di 52 volte durante l’anno, come testimoniato dall’Ais (Automatic Identification System, sistema obbligatorio in campo internazionale che traccia la navigazione marittima), ed approvata dalla compagnia armatrice in occasione degli inchini del 26 Settembre2010, aProcida e Capri.
A fare il punto sulla situazione ha pensato Sergio Bologna, autore de “Le multinazionali del mare”, che ricorda l’episodio della nave portacontainer “Rena”, della Costamare Inc., che nel mese di ottobre è andata a sbattere contro l’Astrolabe reef in Nuova Zelanda, provocando un disastro ecologico in uno dei paradisi marini più belli del mondo, oggi contaminato dal petrolio. La Costa Crociere, così come la Compagniaarmatrice della Rena, fanno parte di quelle holding la cui principale preoccupazione è mettersi al riparo dal fisco e dalle norme sulle tabelle d’armamento presso determinati paradisi fiscali. Ecco come nascono le “bandiere ombra” o “flag of convenience”.
La MSC (Mediterrean Shipping Company) è il gigante costruito da Gianluigi Aponte, originario di Sorrento ma che ha trasferito le sue attività a Ginevra, in Svizzera. Il gruppo MSC possiede una flotta di 150 navi portacontainer (la seconda al mondo nel settore) e la flotta Costa Crociere.
La Costa Crociere, controllata dal gigante americano dello Ship Management, applica una politica di assunzione del personale in base al principio del minor costo, spesso filippini, ucraini, vietnamiti o bielorussi. Sulla Rena si trovavano 15 filippini su 20 uomini dell’equipaggio (personale poco qualificato, soprattutto oggi che il mercato dei certificati falsi è assai fiorente). Le Compagnie si fanno largo con una politica di prezzi aggressiva, al limite del dumping, con costi ridotti al massimo a disponibilità di grande liquidità (anche di origine sospetta).
Tornando al caso della Concordia tra le principali cause vi è il fatto che il core manpower, precari di bordo (10/15% del totale, ndr) non fossero addestrati all’emergenza. Ecco, infatti, il motivo per cui il regolare funzionamento dei verricelli delle scialuppe di salvataggio non era stato controllato. Le cause dell’impatto della Rena sono dovute allo stato di substandard in cui la partacontainer vessava: una nave che doveva essere ritirata dal servizio, e in aggiunta comandata da uomini “fatti” o ubriachi. Ma non è certamente, questo, il caso delle navi da crociera: queste creature del “gigantismo navale”, realizzate per contenere 6000 persone, per un peso di 100 mila tonnellate, sono il miglior prodotto di quel fenomeno di dumping a cui si alludeva precedentemente. Navi enormi, poco governabili in caso di emergenza, al posto di navi piccole, più sicure ma con costi unitari maggiori.
L’assenza di un’Autorità Internazionale con giurisdizione sulle acque, e i ridicoli importi delle multe pagate dalle Compagnie in caso di incidenti, sono altre principali causi. Infine la principale causa di queste tragedie è la cultura della “movida” a bordo di questi colossi galleggianti: gente di tutte le età, ammucchiata nella spensieratezza e nello shopping (cabine costruite per essere scomode in modo da spingere i passeggeri alle compere, portano all’armatore il 50% degli introiti). Movida, come sinonimo di irresponsabilità, che spinge passeggeri, equipaggio ed armatore alla ricerca di disastri colossali. Ciò che emerge da quest’attenta analisi è che non si può ritenere un uomo come unico responsabile, ma che le responsabilità andrebbero in egual misura divise tra tutte le cause che portano a simili eventi, causati, come la maggior parte delle cose al giorno d’oggi, dalla stoltezza del genere umano.
È trascorso poco più di un secolo dal 14 Gennaio 1912, data in cui il RMS Titanic, transatlantico della Olympic Class, naufragava a seguito di una devastante collisione con un iceberg durante la traversata con rotta da Southampton a New York.
La tragedia che si è consumata a bordo del Titanic ha per prima evidenziato i rischi per la vita umana in ambito marittimo. Più o meno simili le modalità con cui la nave da crociera della flotta Costa è andata incontro allo stesso destino: il naufragio. Stavolta, però, non l’impatto con un iceberg a causare la vicenda, ma l’esibizione di un “inchino” contro le rocce della scogliera antistante l’isola del Giglio, nell’arcipelago toscano.
Ciò che, sicuramente, non può essere raffrontato con il naufragio del Titanic è il comportamento del comandante: Edward J. Smith preferì seguire il destino del suo transatlantico affondando con esso, mentre Francesco Schettino, comandante della nave da crociera, è considerato essere uno dei responsabili della tragedia e accusato di omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono di nave, reati che possono costargli non meno di quindici anni di reclusione. Intanto è giunta nei giorni scorsi la decisione del GIP di concedere gli arresti domiciliari a Schettino, decisione contro la qualela Procuradella Repubblica di Grosseto ha depositato ricorso al Tribunale del Riesame di Firenze con relativa richiesta di custodia cautelare. Nel registro degli indagati figura anche il secondo ufficiale in plancia, Ciro Ambrosio, ma non è da escludere che il numero degli indagati possa aumentare col proseguire delle indagini.
La notizia, immediatamente resa nota dai rotocalchi di tutto il mondo, getta ulteriormente fango sull’immagine del nostro Paese all’estero. Il quotidiano britannico, Daily Telegraph, paragona lo stile di guida del comandante della nave a quello tipico di un pilota di una monoposto Ferrari;la BBC Newsha avuto, invece, da sindacare sulla scadente qualità delle manovre di evacuazione e sull’incompetenza del personale di bordo; su Tv Taiwanla Next MediaAnimation ha realizzato un cartone 3D dedicato al comandante della Concordia ed intitolato “Capitan Codardo”. Si pensava potesse essere una cosa di poco conto la mancata rottura della bottiglia contro lo scafo, durante la cerimonia di inaugurazione nel 2006…
Secondo le prime ricostruzioni, i fatti dovrebbero essersi verificati più o meno così: venerdì 13 la nave da crociera Costa Concordia, con itinerario “profumo degli agrumi”, salpa alle 18.30 dal porto di Civitavecchia e inizia il tour di sette giorni. Intorno alle 21.45, verso l’ora di cena, la nave si trova in prossimità dell’Isola del Giglio, quando a causa di un passaggio ravvicinato alla costa (circa 150m dalla riva) impatta uno scoglio che provoca l’apertura di una falla di 70m cr.
Dallo squarcio creatosi sulla chiglia la nave comincia a imbarcare acqua. Il comandante viene avvisato dello stato di allagamento della sala macchine, ma non viene dato l’allarme. Alle 22.08la Capitaneriadi porto, avvisata dai Carabinieri di Prato, chiama la nave ma da questa non viene dichiarata alcuna emergenza. Viene deciso di cambiare direzione per avvinarsi alla costa e far depositare la nave al limite tra uno “scalino” del fondale, al quale è appoggiata, con una profondità di 37m ed uno che scende fino a 70m, profondità alla quale lo scafo verrebbe completamente sommerso. La nave si arena a nord di Giglio Porto, a Punta Gabbianara. Solamente alle 22.50 il comandante ordina l’evacuazione, e lo stesso abbandona, poi, la nave fuggendo con una scialuppa di salvataggio. Alle ore 00.50la Guardia Costieraprende il controllo della nave, ormai inclinata di novanta gradi. Le operazioni di evacuazione sono andate avanti fino alle tre del mattino del giorno seguente, con il conseguente recupero dei primi cadaveri.
Ma le cose sono andate realmente così? Questo si potrà dire solo quando lo stato delle indagini sarà maggiormente avanzato. Per ora le attenzioni dei media si concentrano sulle responsabilità del comandante. A seguito delle riprese delle telecamere di sicurezza, è stata recentemente ipotizzata una presenza femminile in plancia al momento dell’impatto: la ragazza moldava in questione, Dominica Cemartan, si trovava in compagnia del comandante. Ennesimo interrogativo, che al momento non trova risposte certe. Ad ogni modo, Schettino ha indubbiamente le proprie responsabilità, ma è inconcepibile che un semplice e banalissimo errore, seppure umano, possa nel XXI secolo avere conseguenze così drastiche. Insomma, l’unica differenza dal naufragio del Titanic è il bilancio dei morti, di gran lunga inferiore e quasi “irrisorio”.
Ammonta momentaneamente a dodici il bilancio parziale delle vittime, dopo una settimana dalla tragedia, mentre scende a venti il numero dei dispersi. Schettino, mentre assisteva dagli scogli all’affondamento della nave, riceve una telefonata dal capitano della Capitaneria di Porto di Livorno, Gregorio De Falco: questi lo invita a tornare sulla nave per informarlo della situazione e per coordinare le operazioni di evacuazione; il comandante assicura di eseguire l’ordine, ma in realtà non farà mai più ritorno sulla nave. In una seconda telefonata tra Schettino e De Falco, il comandante riferisce di aver comunicato l’avvenuto alla Compagnia di appartenenza e di aver contato circa un centinaio di passeggeri, ma ribadisce di non poter fare ritorno a bordo della Concordia. Persistono, però, molteplici dubbi in merito al modo in cui si sono svolti i fatti.La Compagniaarmatrice Costa Crociere, durante la conferenza stampa del 16 Gennaio, per mezzo del Presidente e Amministratore Delegato, Pier Luigi Foschi, ha dichiarato che la manovra di avvicinamento alla costa né era stata impostata secondo la rotta, né autorizzata dalla Compagnia, quindi da considerarsi iniziativa del comandante. Aleggia il mistero su quanto concerne gli ordini impartiti a Schettino dall’unità di crisi della Costa ed in particolare dal marine operator director (manager delle operazioni marittime), Roberto Ferrarini, al momento della comunicazione dell’avvenuto impatto e del successivo naufragio. Dalla Costa è stato probabilmente ordinato di far mantenere la calma tra i 4234 passeggeri, che, a seguito del blackout successivo all’impatto, erano in stato di agitazione. Vengono invitati a indossare i giubbotti salvagente (tra l’altro, per numero, insufficienti) e di rientrare nelle proprie cabine. Molti vengono indirizzati verso il ponte 4, zona in cui confluirà il maggior numero di vittime. Ecco spiegato l’attesa di un’ora e 40 tra avviso e ordine di abbandono. Inoltre la compagnia decide di contattare una società genovese per la riparazione della falla nello scafo, evidentemente stimando il danno meno grave. A far luce sull’accaduto ci penseranno le registrazioni delle conversazioni telefoniche e l’analisi della “scatola nera”, che verranno esaminate durante le indagini dal GIP. Allo stato le operazioni di recupero proseguono con la massima cautela e precisione, visto lo stato precario della nave e delle condizioni metereologiche. Il principale interesse è, al momento, il ritrovamento di eventuali sopravvissuti (sebbene le possibilità vadano scemando) nell’ardua impresa di perlustrazione degli ambienti e delle 1500 cabine della nave; ma in primo piano viene sempre messo il progetto per scongiurare l’emergenza ambientale e la rimozione della nave. La situazione può considerarsi tranquilla fino al momento in cui le condizioni metereologiche manterranno stabile la posizione della nave e fino a quando le cisterne non subiranno danni, evitando, così, la fuoriuscita di petrolio, evento che porterebbe al disastro ecologico. La compagnia armatrice si è, quindi, affidata alla Smit Salvage, società olandese specializzata nella messa in sicurezza dei relitti e nel recupero di questi, che nell’arco di non meno quattro settimane svuoterà, con la tecnica dell’“Hot Tapping” (estrazione del combustibile e immissione di acqua per controbilanciare il peso),la Concordiadi oltre 2400 tonnellate di carburante. Ma quali conseguenze portano questi eventi al marchio Costa? Carnival, proprietaria di Costa Crociere, crolla in borsa e ha portato il titolo a perdere alla London Stock Exchange fino al 23%. L’episodio costerà alla compagnia 95 milioni di dollari cr. Secondo i preventivi di XL Group e Espirito Santo Investment bank, società assicuratrici a cui si era affidatala Costa, ogni vita umana che si è spenta in mare vale più di 400 mila euro, per un monte di danni assicurativi che si aggirerebbe intorno ai 1,2 miliardi di Euro.
Oltre al danno materiale, di fatto, la Costava incontro a un danno di immagine: le suggestioni dell’utenza potrebbero provocare un “calo” delle prenotazioni. Nonostante tutto, però, le statistiche non registrano gravi perdite nel settore: la gemella della Concordia,la Serena, è partita il 18 Gennaio per lo stesso itinerario, transitando appunto dietro il relitto della nave naufragata. L’ultimo capitolo di questo libro giallo è costituito dalle vicende relative agli “inchini”, prassi marinara di saluto assai diffusa. Ed è stato proprio un inchino a delineare l’epilogo della Concordia: un omaggio a uno tra Mario Palombo, ex comandante della nave, e Antonello Tievoli, maître della nave, entrambi originari dell’isola.
Tra l’altro questa prassi irregolare si è verificata per più di 52 volte durante l’anno, come testimoniato dall’Ais (Automatic Identification System, sistema obbligatorio in campo internazionale che traccia la navigazione marittima), ed approvata dalla compagnia armatrice in occasione degli inchini del 26 Settembre2010, aProcida e Capri.
A fare il punto sulla situazione ha pensato Sergio Bologna, autore de “Le multinazionali del mare”, che ricorda l’episodio della nave portacontainer “Rena”, della Costamare Inc., che nel mese di ottobre è andata a sbattere contro l’Astrolabe reef in Nuova Zelanda, provocando un disastro ecologico in uno dei paradisi marini più belli del mondo, oggi contaminato dal petrolio. La Costa Crociere, così come la Compagniaarmatrice della Rena, fanno parte di quelle holding la cui principale preoccupazione è mettersi al riparo dal fisco e dalle norme sulle tabelle d’armamento presso determinati paradisi fiscali. Ecco come nascono le “bandiere ombra” o “flag of convenience”.
La MSC (Mediterrean Shipping Company) è il gigante costruito da Gianluigi Aponte, originario di Sorrento ma che ha trasferito le sue attività a Ginevra, in Svizzera. Il gruppo MSC possiede una flotta di 150 navi portacontainer (la seconda al mondo nel settore) e la flotta Costa Crociere.
La Costa Crociere, controllata dal gigante americano dello Ship Management, applica una politica di assunzione del personale in base al principio del minor costo, spesso filippini, ucraini, vietnamiti o bielorussi. Sulla Rena si trovavano 15 filippini su 20 uomini dell’equipaggio (personale poco qualificato, soprattutto oggi che il mercato dei certificati falsi è assai fiorente). Le Compagnie si fanno largo con una politica di prezzi aggressiva, al limite del dumping, con costi ridotti al massimo a disponibilità di grande liquidità (anche di origine sospetta).
Tornando al caso della Concordia tra le principali cause vi è il fatto che il core manpower, precari di bordo (10/15% del totale, ndr) non fossero addestrati all’emergenza. Ecco, infatti, il motivo per cui il regolare funzionamento dei verricelli delle scialuppe di salvataggio non era stato controllato. Le cause dell’impatto della Rena sono dovute allo stato di substandard in cui la partacontainer vessava: una nave che doveva essere ritirata dal servizio, e in aggiunta comandata da uomini “fatti” o ubriachi. Ma non è certamente, questo, il caso delle navi da crociera: queste creature del “gigantismo navale”, realizzate per contenere 6000 persone, per un peso di 100 mila tonnellate, sono il miglior prodotto di quel fenomeno di dumping a cui si alludeva precedentemente. Navi enormi, poco governabili in caso di emergenza, al posto di navi piccole, più sicure ma con costi unitari maggiori.
L’assenza di un’Autorità Internazionale con giurisdizione sulle acque, e i ridicoli importi delle multe pagate dalle Compagnie in caso di incidenti, sono altre principali causi. Infine la principale causa di queste tragedie è la cultura della “movida” a bordo di questi colossi galleggianti: gente di tutte le età, ammucchiata nella spensieratezza e nello shopping (cabine costruite per essere scomode in modo da spingere i passeggeri alle compere, portano all’armatore il 50% degli introiti). Movida, come sinonimo di irresponsabilità, che spinge passeggeri, equipaggio ed armatore alla ricerca di disastri colossali. Ciò che emerge da quest’attenta analisi è che non si può ritenere un uomo come unico responsabile, ma che le responsabilità andrebbero in egual misura divise tra tutte le cause che portano a simili eventi, causati, come la maggior parte delle cose al giorno d’oggi, dalla stoltezza del genere umano.
Marco Fallanca