Ho letto sul Corriere della Sera un articolo dal titolo inquietante:
«Hitler? Un protettore dei diritti umani» “Sondaggio choc nelle scuole tedesche: metà degli studenti non sa chi era il Führer e un terzo pensa fosse un democratico”.
Nel corpo dell’articolo leggo che Klaus Schroeder, il professore di scienze politiche della Freie Universität di Berlino che ha diretto la ricerca è abbastanza sconsolato: «Forse dovremmo aumentare le lezioni di storia contemporanea e diminuire lo studio delle altre epoche».
Due parole mi hanno colpito: “sondaggio” e “choc”.
I sondaggi si fanno per conoscere l’opinione delle persone. Lo “choc” viene quando si scoprono risultati molto diversi da quello che ci si attendeva.
Se si è sentito il bisogno di un sondaggio così – inutile per quelli della mia generazione – vuol dire che qualcuno paventava risultati sorprendenti. Lo choc è quindi fuori luogo.
La Germania – poco meno di 70 anni fa – usciva dal conflitto mondiale con le ossa più che rotte e dando una pessima immagine di sé, la peggiore in assoluto della storia dell’umanità, forse. Negli anni a seguire si è persino tentato di negare che siano esistite Auschwitz, Dacau, e Bergen Belsen; Immagino che ci sia poco orgoglio nazionale nel ricordare quei luoghi e il processo di Norimberga; nel leggere sui giornali che Simon Wiesenthal ha dato la caccia per anni ai criminali nazisti assicurandone qualcuno alla giustizia. Immagino che i film che hanno ripresentato quegli anni bui siano pari a un coltello nella piaga.
Ai miei tempi, lo studio della storia terminava con l’informazione che nel 1940 l’Italia era entrata in guerra, che l’avevamo persa e che dopo, persone con buona volontà, avevano creato l’ONU. Però a quel punto del programma di storia raramente ci si arrivava: non era mai fra le materia d’esame e la si trascurava per prepararsi sulle altre.
Sapevamo chi era Hitler, chi era Mussolini, e Churchill e Roosevelt e De Gaulle. Sapevamo chi era Franco e Stalin, conoscevamo nomi quali Eisenhower, Montgomery, Rommel, Badoglio. Io personalmente – essendo figlio di un militare di carriera – ne conoscevo anche altri.
Voglio dire che sapevamo chi erano, perché c’erano i nostri genitori a ricordarcelo, poiché a causa di Hitler e del suo solidale avevano patito, e i fatti erano recenti.
La mia generazione ha vissuto della memoria e, ora che siamo nonni, sappiamo dire sull’argomento, ma non lo facciamo. Se un direttore del TG1 ha perso il posto perché ha trasmesso immagini choc durante il notiziario delle venti, disturbando la cena dei bimbi (che poi alle ventuno non hanno affatto avuta disturbata la digestione da film pieni di violenza gratuita), noi nonni perché dovremmo turbare l’incoscienza dei nostri nipotini raccontando episodi di guerra accaduti al bisnonno?
Del pari, il nonno tedesco perché dovrebbe perpetrare la coscienza di quanto accaduto settant’anni fa e disturbare l’innocenza del nipotino? Oltretutto parliamo di una vergogna nazionale.
Ma sono storie vecchie. Qualche anno fa mia figlia in vacanza a Montescudaio si sentì raccontare in un negozio una storia inquietante. La località è molto frequentata dai tedeschi, e uno di questi era stato riconosciuto da qualcuno del posto. Era uno della famigerata marcia sanguinosa dell’estate del ’44, partita da Forno e poi Sant’Anna di Stazzema e conclusasi a Marzabotto.
Fra altri 30 anni nessun libro riporterà questi episodi di microstoria. I campi di sterminio saranno ricordati in una mezza riga, come in una mezza riga dei libri universitari sono ricordate le montagne di teste fatte tagliare dal Tamerlano. Operazioni di revisionismo storico sfumeranno sulla figura di Hitler: di lui si dirà che è stato uno statista, che facendo leva sull’orgoglio nazionale germanico pilotò una nazione uscita dalla I guerra mondiale sconfitta, umiliata, indebitata col mondo intero, e infine piegata profondamente dalla crisi del ’29, verso un periodo di benessere e di sviluppo, creandola Volkswagen, la macchina del popolo realizzata da Ferdinand Porsche, si quello della Porsche Carrera.
Una piccola curiosità. Preparando l’articolo ho scritto il famigerato nome con la acca minuscola. Il correttore di word ha sottolineato in rosso l’errore. Cliccando sul nome è comparsa la correzione con la acca maiuscola; chiunque può provare. Immagino che word sia usato anche in Germania e che anche là l’errore sia evidenziato. Il nome è tristemente noto nel mondo, come pure le ragioni della notorietà. Il sondaggio corretto potrebbe allora riguardare le ragioni per cui in Germania è sconosciuto alla metà degli studenti, e allora sì che i risultati avrebbero un valore.
Dopo la battaglia che decreta la vittoria di Artù sugli altri pretendenti al regno, Merlino, nel film Excalibur, pronuncia una frase che non richiede commento. “Ricordate questo giorno. La maledizione degli uomini è che essi dimenticano.”
Il 6 giugno 2044 ci sarà – per chi di noi riuscirà a esserci – un evento storico importantissimo. A Colleville sur Mer avverrà l’apertura della lapide posta all’ingresso del cimitero americano, quello che si vede nel film di Spielberg, per intenderci.
Sulla lapide c’è una targa in bronzo e una iscrizione:
“In memory of General Dwight D. Eisenhower and the forces under his command. This sealed capsule, containing new report of the June 6,1944 Normandy Landings, is placed here by newsmen who were there. June 6, 1969″ e ancora, alla base ” TO BE OPENED JUNE 6, 2044″
“In memoria del Generale Eisenhower e degli uomini sotto il suo comando. Questa capsula sigillata contenente un altro resoconto del 6 giugno 1944, sbarchi in Normandia, è stata riposta dai giornalisti che furono qui. 6 giugno 1969. Da aprire il 6 giugno 2044.”
C’era una voltala Storia, ma come tutti sanno è noiosa, così piena di date e nomi da ricordare.
Se proprio dobbiamo fare sforzi di memoria non è meglio ricordare la formazione che sconfissela Germania4 a3 il 17 giugno 1970, ore 16 locali?
Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, Mazzola (dal46’Rivera), Boninsegna, De Sisti, Riva.
Erberto Accinni