Nel tempio catanese della musica per la terza volta. Capolavoro o “semplice operetta”?
Almeno una volta nella vita sarà capitato a ognuno di noi di seguire la diretta del concerto di Capodanno di Vienna e, all’occhio attento di un appassionato, risalterà che, ogni anno, viene eseguito almeno un brano tratto dall’operetta più amata al mondo…
Per la terza volta nella nostra Catania, dopo la prima del ’76 e dopo esattamente vent’anni di assenza dalla più recente del ‘93, al Teatro Massimo “Vincenzo Bellini” torna in scena per la Stagione Lirica 2013 il grande capolavoro del genere “Die Fledermaus” o, più semplicemente, “Il Pipistrello”: operetta in tre atti di Johann Strauss figlio, su libretto di Carl Haffener e Richard Genée, tratto da “Le réveillon” di H. Meilhac e L. Halévy.
A dirigere dal podio l’orchestra stabile del tempio catanese della musica sarebbe dovuto essere l’ormai consueto M° cinese Xu Zhong. L’allestimento è firmato da Alida Cappellini e Giovanni Licheri, le coreografie da Silvana Lo Giudice e con Tiziana Carlini come Maestra del coro.
La superba regia è del poliedrico e affidabile Michele Mirabella, esperto tanto dell’universo operistico quanto del panorama del piccolo schermo, e che già aveva, lo scorso anno, firmato la regia di un’applauditissima “L’italiana in Algeri”.
Il cast è di grandissimo spessore: Stefania Bonfadelli nei panni di Rosalinde, l’esperto baritono Bruno Taddia come Gabriel von Eisenstein, Diletta Rizzo Marin come Adele, il tenore Danilo Formaggia è il sagace Alfred, il mezzosoprano Nidia Palacios è l’edonista principe Orlofsky, mentre il baritono Giuseppe Esposito interpreta Frank, un giovane Giovanni Monti è il balbuziente avvocato Blind.
Esilarante anche il nostrano Francesco Foti nel ruolo della guardia carceraria Frosch, proposto in italiano come Ranocchio. Tipico dell’operetta e caratterizzante del recente allestimento, l’intermezzo a “sorpresa”, fuori programma e non previsto dal libretto originale: Tullio Solenghi e Maurizio Micheli impersonificano rispettivamente gli improbabili Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, presentati come Padri della Patria rifugiati in Austria e alle prese con le nuove tecnologie di comunicazione (il telefono di Meucci ndr), che, tra una battuta satirica e un’altra, il regista ha immaginato come ipotetici invitati del ballo a palazzo Orlofsky. L’intervento dei due celeberrimi comici ha diviso la critica: gradito e ricreativo per molti, inopportuno e privo di significato per altri…
L’apporto di Stefania Bonfadelli, esempio di italianità e bellezza, è stato di rilievo nella riuscita della rappresentazione, con una voce chiara e suadente: soprano di grandissimo livello che avevo già avuto modo di apprezzare dal vivo due anni fa in un’orribile rappresentazione de “La Traviata” verdiana a Taormina. Con un comunicato stampa del 20 maggio, viene comunicata l’indisposizione del M° Xu Zhong, sostituito dal trentenne Andrea Sanguineti che ha diretto con mano le sette recite dell’operetta: uno dei più giovani direttori emergenti del panorama musicale tedesco, definito il nuovo Kleiber, dal 2011 Primo Direttore Stabile e vice Direttore artistico del Mainfranken Theater a Wurzburg in Baviera.
Composto da Strauss jr. in circa quaranta giorni nel 1874, “Il Pipistrello” va in scena per la prima volta il 5 aprile dello stesso anno al Theater an der Wien e, nell’atmosfera fiabesca e frizzante tipica dell’operetta, riesce a intessere una serie di qui pro quo tra coniugi volubili.
Al termine dell’opera salterà subito all’occhio come sia proprio lo champagne l’unico capro espiatorio: “A te si rende omaggio: dei vieni il migliore, dei vini il meno saggio” e ancora ““Un re che tutti onorano, amano, bevono… Eccolo qui sul trono: Champagne Premier”. Ambientata in un impero asburgico fatto di principi, marchesi e ambasciatori, ad appena un anno da quel celebre “Venerdì nero” 9 maggio 1873 che aveva visto crollare rovinosamente la borsa viennese con drastiche ripercussioni sull’Europa intera.
Il ritratto di un’Europa spensierata, imperiale e imperialista: un mito artificiale e costruito che richiamava lo sfarzo e il brio della Belle Époque parigina: del resto, quel “réveillon” di cui parlava Mailhac è il modo in cui i francesi definiscono il veglione di Capodanno. Insomma, questa visione deformata della realtà era un vero e proprio “lenitivo” per il pubblico del tempo: del resto, quanti spettatori, quella sera in cui “Il Pipistrello” andava in scena al Metropolitan di New York, si soffermavano a pensare che nello stesso momento, dall’altro lato del globo, il secondo conflitto mondiale travolgeva milioni di vite? Così come la Marcia di Radeztky celebra la vittoria del maresciallo austriaco che ebbe la meglio sugli insorti milanesi delle Cinque Giornate: quanti ricordano che, al di là di quell’orecchiabile motivetto, nell’occasione, morì un certo Goffredo Mameli?
L’opera è caratterizzata tout court da slancio e da una straordinaria serie di ballabili, ma, secondo i critici dell’ ‘800 dotata di pessima prosa e di soggetto inconcludente. Probabilmente, questo commento sorge dal fatto che l’operetta necessitava di un pubblico avvezzo e che potesse comprendere il linguaggio alemanno, entrambe prerogative non soddisfatte dagli status del tempo.
Strauss, già “re del valzer” e delle serate danzanti viennesi, decide, all’età di quarant’anni inoltrati, di puntare sul genere del’operetta, che era comunemente considerata inferiore. Le quindici operette prodotte da Strauss si trovano a fronteggiare i successi di Franz von Suppé e di Jacques Offenbach che, con il suo “Orfeo all’inferno”, primeggiava nei teatri europei. L’operetta rinuncia al Weltanschauung, alla visione del mondo, per fare spazio ad un semplice delectare che, nonostante i fraintendimenti, mantiene immacolata la moralità (del resto, non avvengono veri e propri tradimenti).
Ma lasciamo spazio ad un breve resumé delle vicende narrate.
L’ouverture dell’opera vede Gabriel von Eisenstein e il notaio Falke al rientro da un ballo in maschera, ma sulla strada del ritorno il notaio era stato dall’amico abbandonato in un fosso, completamente ubriaco e travestito da pipistrello: ordisce così una vendetta. Nel primo atto l’azione si sposta a Villa Eisenstein, ove la cameriera Adele legge una lettera della sorella Ida che la invita al ballo del principe russo Orlofsky: l’invito è valido a patto che la giovane riesca a farsi prestare un elegante vestito dalla padrona.
Rosalinde, moglie di Eisenstein, deve far fronte alle serenate del maestro di canto Alfred con il quale ha intrattenuto una relazione prima del matrimonio. Adele trova una scusa per ottenere la serata libera e dice alla padrona di dover fare visita a una zia malata, ma Rosalinde boccia la proposta in quanto quella sera stessa il marito inizierà a scontare alcuni giorni di carcere per aver schiaffegiato un pubblico ufficiale e lei resterà sola in casa. Rincasano Eisenstein e l’avvocato Blind, definito incapace dal cliente per avergli fatto aumentare di tre giorni la condatta.
Giunge anche il notaio Falke che invita l’amico Gabriel ad andare con lui al ballo del principe Orlofsky: Eisenstein non se lo fa ripetere due volte, si prepara, e convince la moglie di essere in procinto di recarsi in prigione, ma indossando il frack come conviene alle persone del suo rango.
Rosalinde, intrigata dall’idea di poter incontrare lo spasimante, congeda la cameriera e le concede il permesso dapprima negatole. Rosalinde e l’amante Alfred restano soli: questo indossa la vestaglia di Eisenstein e inizia a bere, ma il convivio viene interrotto dall’arrivo di Frank, direttore del carcere, venuto a prelevare Eisenstein prima di andare al ballo a palazzo Orlofsky. Rosalinde, allora, per non essere scoperta in flagrante, convince Alfred a farsi portare via al posto del marito Gabriel.
Nel frattempo, a palazzo Orlofsky, Adele scopre che la lettera non le è stata inviata dalla sorella Ida, che, nonostante tutto, presenta Adele come un’artista di nome Olga. Falke rivela al principe il piano di ordire una vendetta ai danni di Eisenstein. Mentre parla con il principe, Eisenstein, sotto lo pseudonimo di marchese Renard, scopre il piano di Falke di una beffa ai suoi danni e rimane stupito.Adele e Eisenstein si ritrovano faccia a faccia, ma la ragazza riesce astutamente a convincerlo si tratti di una somiglianza. Giunge anche il direttore delle carceri che si presenta come cavalier Chagrin. Segue anche l’arrivo di Rosalinde, che indossando una mascherina sul viso si fa credere una contessa ungherese. Eisenstein-Renard corteggia Adele-Olga mostrandole un orologio che le fa intendere potrebbere essere un regalo. Rosalinde vede la cameriera e il marito, che non avendola riconosciuta prova a corteggiarla, ma questa gli sottrae con astuzia l’orologio a prova del tradimento.
In seguito Rosalinde si rifiuta di svelare la propria identità e a prova della sue origini ungheresi canta una csárdás. La storia del pipistrello viene a gran voce chiesta a Falke dagli invitati, al che Eisenstein si ricorda dello scherzo e lo racconta pubblicamente. Il principe canta una lode allo champagne e un sentimento fraterno unisce i convitati. All’alba Eisenstein e Frank si dirigono verso la prigione ignari di ciò che sta per succedere.
Il terzo atto riapre con Alfred che canta in cella e viene ammonito dal guardiano Ranocchio. Adele si presenta presso l’ufficio di Frank, chiedendo a questi di presentargli qualche impresario teatrale al fine di essere ingaggiata come attrice, e promettendo in cambio qualcosa che per degni rispetti è meglio venga taciuto. Sopraggiunge anche Eisenstein prossimo a scontare la pena, ma viene a sapere da Frank che il reo era già stato regolarmente arrestato la sera prima mentre cenava con la moglie. Ed ecco arrivare anche Blind, convocato da Alfred, e Rosalinde, giunta a scongiurare Alfred di fuggire per non comprometterla. Eisenstein indossa allora i panni di Blind al fine di interrogare la moglie e l’amante Alfred: viene così a sapere l’indentità dell’uomo e cosa fosse successo la sera precedente. Eisenstein si rivela, ma la moglie prontamente mostra lui l’orologio prova del tentato tradimento. Il notaio Falke, a questo punto, rivela il piano ordito come vendetta del pipistrello.
L’atto si conclude con l’attribuzione di tutte le colpe allo champagne.
Si conclude, così, il capolavoro straussiano che non smorza mai l’attenzione dello spettatore, forse proprio perché, in quanto “semplice operetta”, mantiene il giusto bilanciamente tra recitazione e lirica.
Marco Fallanca
Foto Giacomo Orlando