Conversazione con Tuccio Musumeci

Posted by on Jul 31st, 2012 and filed under Recensioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

“In scena. Conversazione con Tuccio Musumeci” Il libro di Santino Mirabella

Tuccio Musumeci… chi non lo conosce? Probabilmente, e mi duole ammetterlo, saranno in molti i miei coetanei a non avere neanche la minima idea di chi sia questo personaggio, sconosciuto alle nuove generazioni se non per aver apprezzato la sua straordinaria mimica facciale in qualche fotogramma televisivo. È purtroppo, questa, una triste realtà di una società che identifica le “very important people” in altro genere di celebrità. È cosa mirabile che qualcuno abbia deciso di intitolare un libro a chi ha dedicato la propria vita al mondo dello spettacolo. Ha provveduto in tal senso l’autore Santino Mirabella, Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, da sempre grande appassionato di teatro e letteratura. Tra le sue opere più recenti si annoverano: Il primo anno in Tribunale (A&B Editrice, 2009), le pluripremiate raccolte di poesie Per i viali senza via (Gruppo Albatros Il Filo, 2010), Come qualsiasi delle ombre (A&B Editrice, 2011).

Vincitore di numerosi riconoscimenti (Premio Italo Calvino, il Premio Letterario Nazionale Le Nuvole-Peter Russell, il Premio Giordano Bruno dell’Accademia Internazionale Partenopea Federico II, il ‘Premio alla carriera dall’Associazione Talenti Vesuviani) e vincitore, del titolo di Poeta dell’Anno (nel 2010) da parte dell’Accademia Francesco Petrarca, Santino Mirabella si è reso disponibile a concederci un po’ del suo tempo e nell’intrattenersi in una breve conversazione, durante la quale è stato possibile apprezzare in modo approfondito la cultura teatrale catanese. Riportiamo qui di seguito alcuni “estratti” della nostra chiacchierata.

Grazie innanzitutto per aver accolto il mio invito. Le chiederei, per prima cosa, di illustrarci come nasce l’idea di realizzare un libro sul personaggio di Tuccio Musumeci, e quali sono le motivazioni che L’hanno spinta a fare ciò?

«È difficile spiegare il perché di un libro su Tuccio Musumeci… Una delle motivazioni che, senza dubbio, mi ha spinto a farlo è la mia innata passione per il teatro. Sono i ricordi d’infanzia che mi portano a ricordare il mio strettissimo legame con l’Ente Teatro di Sicilia, in seguito Teatro Stabile di Catania, nel quale recitavano attori che hanno fatto la storia del teatro catanese, come Turi Ferro, Umberto Spadaro, Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina, Mariella Lo Giudice e molti altri… L’idea di un libro sul personaggio, “in tutti i sensi”, di Tuccio nasce sicuramente da un atto d’amore per l’uomo e per l’artista. Da un po’ di tempo avevo il desiderio di scrivere un libro che potesse permettere di ripercorrere la carriera artistica di Tuccio e la storia del Teatro. E a quale enciclopedia vivente rivolgersi, se non allo stesso protagonista? Mi era balenata in mente l’idea di farmi organizzare un colloquio con lui, quando, una sera tornando a casa, mi capita di incontrarlo. Lo fermo e faccio la mia proposta; da subito molto disponibile, mi chiede di vederci il giorno dopo a casa sua, per iniziare.»

Che cosa rappresenta Tuccio Musumeci per la tradizione teatrale catanese?

«Tuccio è indiscutibilmente uno dei simboli del Teatro italiano, in particolare di quello siciliano, che poi si personifica in quello catanese. Tuccio ha preso parte alla prima rappresentazione del Teatro Stabile, ‘Malìa’ di Luigi Capuana, ed è l’ultima memoria storica del teatro dell’epoca. Un teatro che oggi va avanti a fatica sia dal punto di vista economico che da quello culturale (malgrado l’abbondanza di testi, solo pochi sono da considerarsi di buon livello qualitativo). Tuccio è, invece, una garanzia di qualità e rispetto, allo stesso tempo tradizione e assicurazione, in cui il teatro, e si parla di quello con la “T” maiuscola, può sempre fare affidamento. Del resto come dimenticare il personaggio di Tuccio nelle sue interpretazioni ne Il berretto a sonagli, in ‘Pipino il breve’, nei suoi singolarissimi sketch e in moltissimi altri suoi lavori?»

Abbiamo parlato del personaggio di Tuccio dal punto di vista professionale, ma dal punto di vista umano e quotidiano?

«Com’è Tuccio? “Tuccio” è Tuccio. Un prototipo unico e inimitabile. Lui è nella vita professionale così come in quella privata. Il suo personaggio è sempre stato lo stesso a partire dai tempi del liceo, quando, impreparato, veniva interrogato dal professore di filosofia, che per punizione gli chiedeva di fare l’imitazione di Totò. Inoltre sia io che Tuccio, siamo stati ex alunni del Cutelli. Personalmente, questa scuola è stata un punto di riferimento nel momento della mia formazione, lasciando dentro di me un fortissimo legame affettivo non solo con i miei ex compagni di classe, ma anche con tutto l’ambiente “Cutelliano” (perché è vero che, in fondo, il Cutelli è un po’ una filosofia e che per sempre ti lascia dentro qualcosa…)»

Qual è l’aspetto più peculiare del vero Tuccio?

«Tuccio è un uomo molto pigro. La sua pigrizia l’ha portato a rifiutare ruoli di rilievo in film cult come Il nome della rosa, e La voce della luna di Federico Fellini. Quale uomo sulla Terra rifiuterebbe persino il grande Fellini, solo per pigrizia? Comunque pigro, ma intraprendente. Tuccio è tra i promotori del progetto che ha portato, nel 2008, al restauro del Cinema Spadaro, oggi Teatro Brancati, nel quale recita.»

Il Suo libro è stato presentato da Pippo Baudo, che firma anche la prefazione. Cosa lega questi due personaggi, e come nasce quest’antica amicizia tra due artisti baciati in modo differente dal successo?

««Pippo Baudo e Tuccio Musumeci sono amici dai tempi del primo liceo, quando Tuccio dal Cutelli si trasferì allo Spedalieri. Hanno cominciato insieme, nelle prime rappresentazioni, per poi unirsi a molteplici compagnie teatrali. Una coppia affiatata, ma ancora alle prime armi. Tuccio entra a far parte del cast dello Stabile, quando Pippo parte per Roma per un provino alla RAI e viene preso. Così le loro strade si dividono: il primo diventerà un grande interprete di teatro con svariate esperienze nel mondo del cinema e della televisione, l’altro, probabilmente, il più grande presentatore d’Italia. Ad ogni modo, l’aver intrapreso strade diverse non ha influito sul loro profondo legame. Io ho conosciuto Pippo diversi anni fa, lo rincontrai quando lui era Direttore Artistico e Presidente dello Stabile e io co-autore ed interprete per alcuni spettacoli di beneficenza. Anche in quell’occasione si dimostrò molto disponibile e cortese nel metterci interamente a disposizione il teatro. In occasione della pubblicazione del libro, con Tuccio abbiamo chiesto a Pippo di scrivere, appositamente, la prefazione, e questi ce l’ha gentilmente inviata, tramite fax, scritta di pugno. Tuccio, con il suo carattere pigro e per non disturbare oltremodo l’amico, si sarebbe accontentato di ‘riciclarne’ una….»

Ci spieghi, quindi, cosa spinge un Magistrato a dedicare parte del proprio tempo a scrivere di tematiche completamente diverse da quelle che abitualmente fanno parte del proprio lavoro?

«Sino a un paio di anni fa, non avrei pensato, neanche lontanamente, di pubblicare un libro. Io ho sempre avuto la passione dello scrivere, lo faccio da quando avevo sei anni. Ad oggi ho scritto sette libri, quattro finiti e tre in corso. Tutto nasce dal puro divertimento. È difficile spiegarlo… Ciò che mi ha spinto a pubblicare un libro è il fatto che io ho sempre scritto esclusivamente per me stesso, perciò tutto quello che scrivo è destinato innanzi tutto a me, e poi ad un pubblico. Io sono abituato a vivere davanti un computer per motivi lavorativi. Ma se si può conciliare lo svago al lavoro, perché non farlo? Basta scrivere di getto, a ruota libera, senza una particolare ispirazione. Si innesca poi un meccanismo automatico. È importante dare libero sfogo e movimento a tutte le parti di noi stessi. Il vero segreto è non lasciare compressa alcuna parte, da quella infantile a quella adulta….»

Così facendo non resta indietro col lavoro? Ovviamente scherziamo

«Tutt’altro, anzi chi lavora con me, sostiene che sono molto più preciso. E in fondo sarà vero, perché da quando concilio questo svago al lavoro, ho assunto una metodologia particolare che mi permette di programmare tutto e di conseguenza costruire un ordine di idee più chiaro.»

Marco Fallanca

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