La Sicilia tradita

Posted by on Jul 31st, 2012 and filed under Cultura. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

Qualche anno fa Ignazio Coppola mi diede da leggere la bozza del suo libro; dopo la lettura, lo sollecitai a pubblicarlo perché ritenni fosse interessante per il cittadino-lettore conoscere qualcosa in più della storia del proprio paese, essendo questa ricerca il frutto di un impegno non solo intellettuale, ma anche civile e politico.

Condivido quanto scritto da Ignazio perché l’anomalia tutta italiana, secondo me, ha radici lontane, proprio nel periodo della costruzione e realizzazione dello stato unitario.

Ancora nel 1845 aRoma lo spietato governo del cardinale Bernetti negli stati pontifici fu deplorato persino da Metternich che chiese al papa Gregorio XVI moderazione e legalità per evitare il diffondersi della rivoluzione.

Infatti a Roma il governo era sistematicamente intollerante, sempre inefficiente, corrotto, arbitrario e lentissimo nell’operare.

I bilanci non erano resi pubblici e per reprimere ogni dissenso esisteva la censura ecclesiastica e politica oltre alla polizia e al Santo Uffizio.

Il cardinale Bernetti reclutò persino bande controrivoluzionarie e terroristiche di irregolari per reprimere ogni indizio di liberalismo.

In confronto il governo austriaco in Lombardia e Venezia era illuminato.

Lo stato della Lombardia austriaca era quello che godeva di maggiore prosperità e del grado più avanzato di industrializzazione, oltre a vantare il migliore sistema d’irrigazione e di comunicazione dell’Europa continentale.

A Napoli si costruì il primo battello a vapore, la prima ferrovia della penisola e la città fu una delle prime ad adottare l’illuminazione stradale a gas.

Fu ancora Ferdinando II di Borbone a proporre la formazione di una lega tra gli stati italiani, diversi tra loro ma preoccupati dalle continue rivolte locali.

Il Piemonte sabaudo era una regione agricola e le sue principali voci d’esportazione erano la seta, il vino, il riso e l’olio ed era lo stato più arretrato d’Europa.

Carlo Alberto di Savoia, secondo Metternich, “è tanto ambizioso quanto vacillante, propende verso il dispotismo e mette in ridicolo i liberali pretendendo da loro solo gli incensamenti.”

Le riforme che fu costretto a fare erano paternalistiche e sul piano personale Carlo Alberto era infido per temperamento, propenso alla dissimulazione e capace persino di ingannare deliberatamente gli amici.

Il suo diario ce lo mostra diffidente verso tutti e compiaciuto di aizzare i ministri l’uno contro l’altro; ambasciatori stranieri vi notarono il suo amore per la mistificazione e l’incoerenza delle sue opinioni.

Fu contro qualsiasi modernità e chiese a Cavour di lasciare il paese perché reo di avere scritto a Parigi un articolo dove magnificava l’utilità delle ferrovie.

Nel 1860 la Toscana e parte dell’Emilia Romagna vengono annesse al Piemonte per concessione della Francia. Cavour, nella qualità di primo ministro, decide di dare in cambio Nizza e la Savoia.

Vedendo la sua città natale ceduta ai francesi, Garibaldi ruppe ogni indugio e condusse, nei termini raccontati da Ignazio Coppola, un migliaio di volontari in Sicilia, perché qui vi erano dei moti insurrezionali come nel “48.

Cavour osò tutto il possibile per bloccare la partenza dei mille e alla fine decise di prendere tempo per preparare una risposta che non lo nuocesse in caso di fallimento dell’impresa.

Vittorio Emanuele pensava che la spedizione avrebbe scatenato un putiferio dentro e fuori l’Italia, ma la considerava un’ottima occasione per liberarsi di Cavour e alcuni ministri volevano impiegare la marina contro Garibaldi.

La successiva conquista di Palermo da parte dei garibaldini rimescolò le carte a costoro e a Teano con la consegna a Vittorio Emanuele di tutto il Sudd’Italia Cavour deliberatamente usò il termine “annessione” per evitare ipotesi, per lui assurde come quella di riunire gli italiani in un’assemblea costituente; la nuova Italia, come la intendeva Cavour, doveva essere il più possibile una proiezione del Piemonte e quindi con le adozioni di leggi gia sperimentate a Torino e meglio ancora se si poteva farlo senza perdere tempo in discussioni parlamentari.

Questo processo di “piemotesizzazione” riuscì ostico a quelle regioni comela Toscanae l’Emilia, che avevano un’economia e una legislazione molto più avanzata.

Inoltre i siciliani avevano considerato la collaborazione col Piemonte solo come mezzo per ottenere l’autonomia da Napoli, ma anche ai napoletani era stato analogamente fatto credere che un voto affermativo nel plebiscito avrebbe significato l’autonomia.

Invece essi dovettero accettare la soppressione dei loro usi e istituti più venerati, l’introduzione di un sistema notevolmente rigido di centralizzazione basato su Torino e la predazione di tutte le risorse da Ignazio citate nel libro.

Nel 1861 muore Cavour e Vittorio Emanuele, che in 12 anni aveva avuto solo tre primo ministro, vide cambiarne ogni anno uno nuovo, cosa che instaurò un sistema instabile e dove la vita politica mancava di linearità.

Questa lunga premessa è servita per dimostrare, proprio ora che si sono spente le luci delle manifestazioni per il 150° anniversario dell’unità d’Italia. Quanto la storia di un intero popolo possa essere invisibile agli occhi dei propri cittadini ed è servita a me per introdurre una breve analisi dell’invisibilità che il potere ha assunto nella sfera politica moderna e contemporanea.

Questa invisibilità del potere si costituisce con le modalità del segreto e della menzogna.

Il segreto in primo luogo può essere strumento di occultamento; in tal caso esso viene utilizzato dai governanti per nascondere i fatti ai governati.

La dimensione contraddittoria del potere invisibile è colta da Marx anche nelle democrazie moderne, quando egli osserva che alla democratizzazione politica non corrisponde una democratizzazione sociale.

Il sociologo Sorrentino non nega che la democrazia possa spesso essere subordinata e funzionale all’economia capitalistica, ma è attento a sottolineare il carattere comunque sovversivo e pericoloso della stessa democrazia per gli assetti di dominio del capitalismo.


Questo carattere di pericolosità della democrazia per il capitalismo viene ribadito considerando il fenomeno della globalizzazione economica contemporanea in cui il capitalismo non tollera limiti alla sua espansione.

L’aspetto più rilevante della globalizzazione, infatti, è la centralità dell’impresa, che, assumendo una legittimità e una funzione simili a quelle dello Stato, rischia di determinare nuove forme di autoritarismo.

E’ per questo che la dimensione democratica assume un ruolo importante per il futuro delle società contemporanee. Dalla sua presenza dipende la possibilità di evitare tali degenerazioni in senso autoritario.

L’altra forma del potere invisibile è la menzogna: mentre il segreto è una forma di omissione della verità, la menzogna presenta un carattere più complesso, poiché essa fabbrica la verità. Di conseguenza, per via di questo carattere particolare, la menzogna mina il rapporto tra verità e politica.

Sebbene, come la stessa Hannah Arendt riconosce, la menzogna sia sempre stata, storicamente, un elemento costitutivo della politica, nel mondo contemporaneo essa assume un livello di pericolosità molto più elevato che in qualsiasi altra epoca storica, anche se, come dice Klaus Merten, è indispensabile in quanto «uno dei meccanismi più efficaci per mantenere il sistema».

La Arendt, intende idealmente l’azione politica come libertà che cambia il mondo e sostiene che a una corretta pratica democratica non sia consentita e perdonata la torbidità invece della trasparenza; la dissimulazione e la segretezza al posto della visibilità è un pessimo segnale dello stato di salute della democrazia, che dovrebbe essere sempre limpida e trasparente.

Ritengo, infatti che la società ideale non è al di fuori della società reale; essa ne fa parte. Lungi dall’essere suddivisi fra di esse come tra due poli che si respingono, noi non possiamo appartenere all’una senza appartenere anche all’altra.

La menzogna consiste letteralmente nel furto della fiducia.

Lo stato unitario italiano si porta sulle spalle intere stagioni di inganni, di segreti mai svelati, di tradimenti e di menzogne non rivelate, di stragi mai punite.

Ancora ai nostri giorni ci viene detto, sia dal governo che dalla opposizione, che il tipo di conflitto emergente nel nostro paese è anomalo, non per tutto quello che si è detto avanti, ma rispetto a un “normale” svolgimento della dialettica democratica; infatti, ci tengono a dire, da un lato vi è la dispersione degli attori politici, dall’altro le delegittimazioni reciproche estreme.

Ma dopo si susseguono gli appelli a modelli bipartisan, a non “demonizzare” gli avversari, a restaurare un comune orizzonte di vita e di partecipazione, a ritrovare cosiddetti “valori comuni”.

Se la condizione è questa, negli ambienti ancora pervasi dagli echi dell’ideale democratico, si dovrebbe porre maggiore attenzione alla diffusione di atteggiamenti tolleranti verso la menzogna rivelata.

Si può dire a tale riguardo che la tolleranza della menzogna nasce da una democrazia a grado zero.

Alla fine voglio dire che fra le cose reali della nostra società vi sono gli ideali democratici e la costituzione democratica. Questi ideali e questa costituzione devono essere continuamente presenti sulla scena pubblica: nelle controversie politiche, nelle dispute sui valori, e sopratutto nella didattica.

 

Adriano Peritore

Comments are closed

È vietato l'uso delle immagini e dei testi non autorizzato.
© 2016 Associazione Akkuaria
Associazione Akkuaria Via Dalmazia 6 - 95127 Catania - cell 3394001417
Registrata Ufficio Atti Civili di Catania il 3 maggio 2001 al n.ro 6010-3 - C.F. 93109960877
scrivi a: veraambra@akkuaria.com