Non si trovano parole per descrivere la catastrofica realtà del mondo della scuola
Da un po’ di tempo meditavo di non scrivere uno dei soliti articoli di cronaca, bensì mettere su carta qualche considerazione personale. Ma cosa di più attuale della drammatica situazione in cui si ritrova la scuola italiana? Innanzi tutto, trovo opportuno sottolineare la non casuale scelta delle maiuscole e delle minuscole nel titolo: l’uso della maiuscola per il pronome personale “io” è giustificato, non tanto in quanto prima lettera dell’intestazione, ma, poiché si tratta di una riflessione personale, potrebbe anche non essere condivisa; in secondo luogo il “Non” esplicita al lettore la posizione dell’autore in merito alla questione trattata; “Credo” poiché, del resto, la Scuola non dovrebbe essere un valore in cui credere? Infine, “scuola” con la “s” minuscola, considerando che quella attuale non può di certo essere definita Scuola con la maiuscola.
A cosa è dovuta tanta indignazione? Semplicemente a scene di quotidinanità a cui la maggior parte degli studenti assistono. Come evidenziato dalle varie riforme che concernono l’istruzione, operate dall’ex ministro dell’istuzione, università e ricerca, Francesco Profumo, la scuola di oggi tende a promuovere “gerarchie” interne ai singoli gruppi classe: del resto, una delle finalità della riforma è quella di precludere l’accesso alle facoltà a numero chiuso ai diplomandi con un risultato inferiore a 80/100. Tutto questo implica per ovvia conseguenza un sistema scolastico basato su una non sana competizione e su un’ipotetica “classifica”. Ne consegue il fatto che ogni studente ambisca a risultati sempre migliori in questa futile scalata al voto. E in un mondo dove la meritocrazia non è sempre premiata, si va incontro a metodologie più o meno “pulite” ordite dagli studenti. Con il progresso delle nuove tecnologie è “migliorata” in maniera direttamente proporzionale la tecnica di copiatura: si è, infatti, passati dalla più tradizionale cartucciera o desueto bigliettino, al più pratico Splashlatino e similari, nonché compiti passati via sms da insegnati privati o da giovani universitari.
Questa commercializzazione della cultura, oltre a rafforzare un sistema piuttosto balordo, svilisce la passione per lo studio, sia da parte degli studenti che da parte degli insegnanti. La valutazione, assumendo come valida l’imparzialità e l’obiettività del giudizio, non fa altro che sintetizzare in un semplice numero l’individuo valutato. Per non parlare dei criteri sull’attribuzione del voto di condotta. Indubbiamente la realtà che concerne la valutazione è da decenni la stessa, ma ciò che viene spesso meno è l’autorità e l’inflessibilità degli insegnanti, che, in confronto ai colleghi di qualche generazione fa, sono eccissivamente tolleranti e permissivi nelle misure punitive e in dinamiche varie. A questo si aggiungono l’esiguo numero di ore a disposizione dei docenti e le numerose materie, studiate in maniera frazionaria e superficiale: del resto, è questa la situazione a cui porta l’ipotetico adeguamento alle realtà straniere.
Per completare il tutto è da tenere in conto che la scuola dell’ “obbligo” permette anche ai meno volenterosi una normale frequentazione: evidente prova del fatto che la passione per lo studio e il sacrificio per costruire con le proprie mani (e non con quelle dei genitori) un futuro è una realtà ben lontana da quella attuale, paradossalmente più vicina all’Italia del dopoguerra. Mio nonno non smette mai di raccontare di un ragazzo che, nella pausa tra un seltz-limone-sale e l’altro, preparati nel chiosco appartenente alla famiglia di questi, nel ’53 conseguiva con impegno brillanti risultati presso l’ateneo catanese. Forse la Scuola otterrà nuovamente il proprio valore originario quando tornerà a essere un bene elitario? A prescindere da così drastiche considerazioni che negherebbero un principio costituzionale (art. 33-34, n.d.r.), la situazione che si presenta è quella di una scuola che promuove tutti, ma che, come dice un noto detto, lascia alla vita le vere discriminazioni.
Giustappunto, in tema Costituzione, le varie attribuzione delle borse di studio diventano ulteriore mezzo di classifica. Come evidenziato dalla vignetta sopra riportata, a differenza di quarant’anni fa, i genitori ricoprono il ruolo di “curatori” o “legali” degli interessi dei propri figli, sempre pronti a difenderli, lamentando provvedimenti disciplinari, brutti voti e collaterali. E, ancora una volta, i docenti si ritrovano a essere nemico pubblico, proprio come gli arbitri durante le partite di calcio. Senza fare di tutta l’erba un fascio, esistono ancora insegnanti, seppur rari esempi, che, con carisma e professionalità, si impongono, rifiutando l’indegno ruolo di “baby sitter” che lo Stato affida loro. La gamma di valutazioni dall’1 al 10, il più delle volte, non viene utilizzata in maniera completa, producendo, così, uno scarto minimo tra il cosìdetto “6 politico” e un modesto 7 conseguito con impegno. Ma ciò che è diventato davvero clamoroso è l’impunibilità: poco manca, che, anche a scuola come in altri ambienti, si invochi la prescrizione… E se questa è la situazione in un Liceo, non voglio minimamente pensare alle Università, sistema, al giorno d’oggi, dichiaratamente fallimentare.
Ma è una considerazione a gettarmi nello sconforto: tenendo presente che i miei attuali professori sono, grossomodo, coetanei dei miei genitori, i miei figli si ritroveranno per insegnanti i miei coetanei??? Siamo davvero convinti di aver già toccato il fondo? A quanto pare, la mia visione dei fatti potrebbe risultare eccessivamente disfattista, ma basata su un’ottica giustizialista, contraria all’” inciucio” e alle larghe intese. La speranza è riposta in un segnale autorevole che spetta agli insegnanti dare. Differentemente, quella che, almeno teoricamente, dovrebbe essere la classe dirigente del domani, sarà, sin dal percorso formativo, assuefatta alla scorrettezza e alla disonestà.
Marco Fallanca