Francesco Cafiso un talento made Sicilia

Posted by on Mar 27th, 2013 and filed under Cultura. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

Quando quella sera giunsi davanti al Teatro Massimo Bellini di Catania, notai una copiosa fila di persone in attesa. Non era sabato né domenica e – conoscendo i “catanesi” – mi sorpresi che di lunedì avessero lasciato le loro calde pantofole per recarsi a Teatro. A dire il vero anch’io avevo trascurato il mio improrogabile “cchi fari” per assistere alla rappresentazione del giovane Francesco Cafiso.
 
Era il natale del 2006 quando l’eco delle sue prodigiose performances giunse al mio orecchio. Mi ero ripromessa di andarlo a sentire alla prima occasione. Quest’ultima si presento cinque mesi dopo. Tra aprile e maggio del 2007: mi trovavo a Cava de’Tirreni per lo svolgimento di “Viaggio tra le vie dell’arte” e lui avrebbe suonato in un locale che si trovava a un centinaio di metri più in là. Per dirla in parole povere: nun ci fu versu!
 
In tutti questi anni la situazione non era cambiata e stava anche per saltare l’appuntamento di lunedì 8 febbraio del 2010 al Teatro Massimo di Catania. La persona che doveva accompagnarmi ebbe un contrattempo e, in questo caso, per forza di cose ho costretto mio figlio a portarmici. Quando glielo accennai, la parola Concerto-Jazz non lo ha solleticato neppure per un po’, ma gli avevo promesso che nel caso si fosse annoiato ce ne saremmo andati via…
 
Conquistate le nostre poltrone a centro platea, ci mettemmo comodi. Man mano i posti vuoti si riempirono a gran velocità. Quando la “qualità” chiama il pubblico risponde, questo è stato il mio primo pensiero di felicità nel vedere tutta quella bella gente strappata ai noiosi schermi della tivù…
Finalmente le luci si abbassarono e l’intero teatro fu avvolto da una prorompente cascata di note che cristalline e fresche come una cascata d’acqua furono suonate da Sax di Francesco Cafiso.
 
Fin da subito il pubblico rispose con il solo e unico modo che ha disposizione: un applauso, ma questa volta non si era trattato del solito applauso di circostanza… il “catanese” è uno spettatore dal palato raffinato, un fine conoscitore e prima di  manifestare apertamente il proprio plauso… ce ne vuole!
 
A quel punto tutti i pensieri li chiusi a chiave nella cassaforte del cervello e diedi il via a quel profumo di libertà che attraverso le note penetrava via via tra le pieghe più sottili dell’anima.

Per un breve attimo pravi a chiedermi come sarebbe stata la quotidianità senza gli artisti… ma ricacciai subito questo pensiero tra gli altri. Niente doveva turbare quel momento magico. Da troppi anni attendevo di vivere un’occasione del genere e nulla doveva guastarmi l’occasione.

Ed ecco che davanti agli occhi mi apparvero quelle belle immagini che una volta si vedevano nei film americani in bianconero. Quei films che raccontavano come si svolgeva la vita dall’altra parte del mondo. Erano visioni che si snodavano tra le cantine di New Orleans e le belle strade di New York.

La musica Jazz al tempo aveva aperto un varco nuovo verso altri generi musicali. Genere che, accorpando le forme popolari del blues, degli spirituals e della musica bandistica, diventò il punto di partenza e piattaforma di partenza che diede modo ad artisti di interpretare e rendere musicalmente vivo il proprio pensiero o forse ancor meglio dare vita al grido di libertà e di speranza che alberga nel cuore di ogni uomo.
 
Davanti a noi c’era un cast d’eccezione, sono quattro ragazzi.

Al centro Francesco Cafiso, era appena un ragazzino quando a soli 18 anni si apprestò a vivere la sua consacrazione nei luoghi dove il jazz è nato: gli States. Oggi è un musicista e compositore, considerato uno dei talenti più precoci e importanti della storia del jazz.

Alla sua destra Dino Rubino è un altro impressionante talento del jazz italiano che alla tromba alterna il pianoforte. Alle sue spalle Paolino Dalla Porta uno dei migliori contrabbassisti di jazz attivi sulla scena europea. E alla sua sinistra Fabrizio Sferra. Egli ha iniziato l’attività di batterista di jazz sul finire degli anni ’70 e si è man mano affermato sulla scena nazionale collaborando con altisonanti e prestigiosi musicisti italiani e stranieri.
 
Sempre sul palco Francesco si muove sì con la disinvoltura di chi sa quel che fa ma allo stesso tempo ha un atteggiamento composto, rigoroso. Si percepisce la sua grande emozione di trovarsi davanti a un pubblico attento, caloroso ed è la stessa emozione di chi – ogni volta e come la prima volta – si presenta alla platea con il cuore in mano, per condividere e celebrare una nuova pagina di bellezza.
 
I brani eseguiti sono stati: Preghiera, King Arthur, Adios, December 26th, Enigmatic Night, Thelonious Monk,
‘Round Midnight

Il concerto giunge al termine e con vero dispiacere penso che ci dobbiamo alzare e accingerci  a lasciare il Tempio della Musica catanese. Le luci si accendono. Un lungo scrosciare di mano invita gli artisti a concedere il bis. Di sottecchi guardo mio figlio. Non si era annoiato neppure un po’.

Gli porgo un sorriso soddisfatto come per dirgli Hai visto cosa ti saresti perso?
 

Vera Ambra

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