“Papà per amore” Manifestazione a favore della bigenitorialità organizzata dall’Associazione Genitori a Vita Catania 19 Marzo 2013 Piazza Verga
L’amore è la parola che più spesso utilizziamo nel corso della nostra esistenza: l’unica che ci rende assetati e famelici per la sua assenza. Poi c’è anche quello più agognato: quell’amore che ti porta dall’altare a esprimere il tanto desiderato “sì”. Una volta si parlava della crisi del settimo anno… oggigiorno forse non arrivano al settimo mese ed ecco che dall’altare il passo che giunge al tribunale è breve.
Che cosa succede quando quell’amore che prima ha unito e legato “indissolubilmente” due persone approda pieno d’odio e rancore in tribunale?
È qui il “vecchio palcoscenico” accoglie rappresentazioni visti e ritriti dove cambiano gli attori e i convenuti ma la sceneggiatura è sempre la stessa. È sempre la stessa solfa ad avvicendarsi sui piatti di una bilancia che pesa la solita “merce”.
Quando si affronta una separazione non si sa bene che l’unica arma a disposizione per aggredire il malcapitato/a è il “denaro”, chi più ne spende più ottiene per non parlare quello che serve per pagarsi un difensore, quello che si deve sborsare per mantenere l’altro coniuge e i figli… e per non parlare delle umiliazioni, stress, anticamere presso gli uffici preposti, aule di tribunali, consultori ecc ecc…
Ecco, questa è l’altra faccia di quell’amore che fin dalla giovane età ogni adolescente sogna e cresce tra le righe dei sogni che li spingono alla ricerca dell’altra metà della mela.
Quanti principi e principesse si ritrovano poi a fare i conti con la “matrigna” o “l’orco cattivo” delle favole? E oggi come si potrebbe interpretare la fatidica frase: “…e vissero felici e contenti”?
Nell’ultimo ventennio la separazione coniugale è diventato un evento usuale sempre più diffuso e le conseguenze di tutto ciò ha prodotto uno spaventoso numero di figli che sono costretti – loro malgrado – ad accettare passivamente le conseguenze.
Se facciamo due conti non è difficile addizionare al numero spropositato di bambini sottoposti ad una vera e propria forma di violenza emotiva (capace di produrre significative psicopatologie sia nel loro presente sia nella loro vita futura) all’aumento vertiginoso dei casi in cui i rispettivi genitori si sottopongono alla spropositata violenza fisica e psicologica, esercitata l’un l’altro.
Il risultato visibile è che da una parte ci sono “figli di genitori separati” che diventano “oggetti” da sballottare tra padre e madre e dall’altra “genitori separati” pieni di rancore e di dolore, che a fatica cercano di gestire al meglio l’affidamento condiviso. A tutto questo si aggiunge la folta schiera di “genitori separati” che per un qualsiasi motivo non riesco ad avere più una relazione stabile con i loro figli e per completare il panorama “figli” a cui viene di colpo sottratta la rete affettiva in cui fino a qualche tempo prima viveva.
Per un figlio la divisione dei loro genitori non significa solo la separazione da un padre o da una madre, significa perdere anche nonni, zii, cugini, parenti, amicizie e non solo ma questa condizione inoltre viene aggravata da quella lungaggine giudiziaria che macina, come se nulla fosse, i loro giorni, mesi e anni. Invece, quando la fortuna gira per il verso giusto, e i genitori naturalmente sono d’accordo, i figli hanno il diritto a trascorrere del tempo con entrambi i genitori, di solito cinque giorni con uno, due giorni con l’altro, un week-end con l’uno, un week-end con l’altro, e via così per tutto il tempo che rimane prima di diventare maggiorenne.
Forse non ci siamo resi conto del modo in cui il numero delle separazioni esponenzialmente è aumentato con una velocità impressionante e allo stesso modo abbiamo accettato la formazione di tante “famiglie allargate”. Dietro a questa corsa piena di ostacoli sono certo che sono stati in pochi quelli che si sono chiesti: “Che cosa prova un figlio quando i suoi genitori si separano”? Che cosa provano nel sapere che i propri genitori si rifanno una nuova vita con una donna che non è la loro madre o con un uomo che non è il loro padre?
L’unica risposta è che qualunque sia la situazione o condizione, i figli sono gli “unici” a pagare le colpe e i fallimenti della propria “madre” e del proprio “padre”.
Difatti sono “i figli di genitori separati” a vivere esclusivamente la tormentosa condizione di essere «contesi» e nonostante l’introduzione dell’affido condiviso, in Italia, sono sempre più numerosi i minori coinvolti nei conflitti familiari.
Com’è che si possono aiutare i minori e i loro genitori a rispondere al bisogno di continuità relazionale, senza minimizzare le conseguenze della separazione né colpevolizzare gli adulti?
La nascita spontanea di numerosissimi gruppi che associa un tangibile numero di padri, madri e nonni, non può che dare, ad un primo esame, i livelli di gravità del fenomeno che richiede in tutti i casi soluzioni ottimali per il bene di tutti. Difatti nei giorni scorsi se ne è aggiunta un’altra, l’associazione Genitori a Vita, nata dalla forte volontà di Andrea Poma, uno dei tanti papà che per disperazione lo scorso gennaio si è incatenato davanti al Tribunale di Catania. La sua protesta era stata dettata dal fatto che da ben 14 mesi non vedeva il figlio e che ancor oggi – grazie alle maglie dell’iter burocratico, ancora non l’ha visto.
Genitori a Vita è nata con il solo scopo di favorire e promuovere la bigenitorialità: il principio etico in base al quale un bambino deve avere il legittimo diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati o divorziati. Per statuto, ha stabilito di seguire le linee guida di Adiantun l’associazione nazionale delle associazioni per la tutela dei minori, e sulla direttiva del proprio slogan “insieme si può” si impegnerà principalmente a sostenere i genitori in difficoltà.
Ad appena cinque giorni dalla sua nascita “Genitori a Vita” oggi 19 marzo 2013 è scesa in campo con la prima iniziativa organizzata per ricordare la festa del papà.
“Papà per Amore” ha raccolto un notevole gruppo di padri e madri e a mezzogiorno in punto, in piazza verga, nello spazio antistante il Tribunale, luogo istituzionale appositamente scelto, hanno lanciato in aria un palloncino con il nome del proprio figlio. Un gesto simbolico per manifestare l’insostenibile dolore di chi vive lontano dai figli.
50 palloncini bianchi, come messaggeri di speranza, si sono alzati in aria portando con sé la speranza e la gioia di poterli riabbracciare il prima possibile.
Un alone di sincero e profondo dolore si è sparso tra i tanti che con la loro presenza hanno condiviso il peso di chi in quel momento avrebbe voluto celebrare la ricorrenza della festa del papà in maniera diversa.
Una manifestazione dunque che in fondo ha raccolto il “grido silenzioso” dei tanti padri “disattesi” che desiderano portare all’attenzione pubblica la condizione subita dai loro figli.
L’iniziativa è stata sostenuta dalle Associazioni Akkuaria, A.I.C.S. Comitato Provinciale di Catania, Dipartimento Affari Sociali del CAD Centri di Ascolto del Disagio, Adiantum, Papà e Mamme separati, Fondazione La città invisibile, e il Centro antiviolenza Galatea.
Vera Ambra
foto di Giuseppe Parisi