Massimo Triolo. L’ambiguità delle Luci e delle Ombre

Posted by on Feb 17th, 2013 and filed under Recensioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. Both comments and pings are currently closed.

Paesaggi, ritratti, figure astratte quasi mistiche. Il bianco e il nero dei disegni, gli unici colori presenti, si accarezzano e si contrastano tra di loro. Sto parlando delle opere di Massimo Triolo, Artista a tutto tondo, forse più conosciuto come scrittore, ma non per questo meno valido come disegnatore. Basta osservare le sue opere, esposte ad Arezzo dal 26 gennaio fino al 23 febbraio ad Arezzo Factory (Via Masaccio n. 6), per comprendere il valore dell’Artista.

Emerge subito, guardando i soggetti, la grande cultura, che spazia dal territorio musicale, in questo caso osserviamo un disegno dedicato ai Clash, fino all’ambito letterario, dove incontriamo scrittori come Pasolini o soggetti letterari, come Riccardo III; anche il cinema interessa l’autore, se “Arancia Meccanica” diventa un suo soggetto. L’interesse bucolico si comprende da un’opera dedicata alla Natura – “Dune di Luna”-, mentre l’interesse mistico si osserva da dipinti come “Figura ieratica”. A dire il vero, l’elemento mistico, accompagnato all’elemento astratto, fa parte ti tutti questi disegni che vediamo ad Arezzo Factory ed è aspetto essenziale dell’Arte di Triolo. “Dune di Luna” non è soltanto la descrizione di un paesaggio, ma la descrizione dell’anima di un paesaggio, paesaggio anche melanconico, paesaggio che pare un incubo, se la Luna sullo sfondo assume una forma mostruosa, parendo la Morte.

Quello di Pasolini non è solo un ritratto cartolina, ma è il ritratto psicologico di uno dei più importanti scrittori del ‘900 italiano (non a caso accompagnato dalla Poesia letteraria), è il ritratto di un Artista, di un uomo ambiguo dall’anima riempita di luce e di tenebre.

Riccardo III è accasciato quasi sul vuoto, vede la corona e lo scettro del potere che lo porteranno alla perdizione: ancora forse non lo sa, ma il nero si è già impossessato di lui, il nero: il potere distruttore di etica e di morale.

Non è possibile parlare di tutte queste creazioni, ma si può parlare degli elementi che le accomunano: volontà di descrivere non l’esterno, ma l’ “interno”, volontà di descrivere non la realtà per come sembra, ma la realtà per come è, nelle sue qualità globalizzanti e universali, perché nell’Arte di Triolo proprio questa è una caratterista fondamentale: il suo carattere eclettico e cosmopolita di uomo colto che vuole parlare di tutto se stesso nelle sue opere, senza mai copiare gli altri però, ma sempre acconsentendo al suo originale lato interiore.

Stefano Duranti Poccetti

Fonte della notizia: “Corriere dello Spettacolo”: http://www.corrieredellospettacolo.com/2013/02/massimo-triolo-lambiguita-delle-luci-e.html

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