Il mascheramento non è cosa da maschere pirandelliane, il rifiuto della maschera è un concetto tutto borghese che si fonda sulla incapacità di essere senza manifestare il proprio non-essere quale propria “credenziale”.
Bisognerebbe invece concepire la maschera come il volto stesso, il nascondimento come una proprietà di ciò che si manifesta nella sua cangiante bellezza, rinnovandosi costantemente alla luce di un’essenza che è altro da sé solo per poi ritornare a sé e restituirsi nuovamente diversa eludendo il rischio di essere riconosciuta e descrivendo un circolo che segna un “eterno ritorno”. Essa può solo essere conosciuta, forse nella forma di un incontro, ma mai ri-conosciuta.
La natura parla questo linguaggio del divenire, solo l’uomo moderno, artificiale e succube della propria coscienza, vede nel mascheramento qualcosa di diverso dall’essenza, la quale ha una scaturigine pre-morale. Le forme dell’essenza in altre parole sono solo l’essenza stessa che si manifesta nel suo dispiegarsi trascendentale; allora la maschera diviene simbolo positivo di una realtà di vita che non nasconde, ma crea incessantemente imponendo il proprio essere e nascondendo, semmai,il proprio non-essere, o meglio ancora, negandolo con uno spontaneo e diretto gesto di appropriazione… questo, in Nietzsche, è tipico del “prevalere” di una potenza su altre potenze.
Massimo Triolo