La realtà e la quotidianità dei teen-ager del XXI sec. pesantemente influenzata dai social network
Correva l’anno 2013. Parentesi di collasso economico e sbandamento politico per l’Italia e per l’Europa intera. Queste, probabilmente, le parole che giungeranno ai nostri posteri relativamente alla nostra epoca. Di sicuro, i figli dei ragazzi della mia generazione non sapranno quasi nulla del fenomeno informatico che ha “condannato” le esistenze del 90% degli adolescenti (e non solo): il social network.
Indubbiamente una delle trovate più significative e geniali del nostro decennio, i vari Facebook, Twitter, ecc., continuano a rappresentare un’abitudine parallela alla vita tra le mura domestiche. Anch’io, sebbene mi sia “omologato” al sistema con ampio ritardo rispetto ai miei coetanei, mi trovo in disaccordo con alcuni fenomeni generati da questi sistemi, detti propriamente “reti sociali”. La mia non vuole essere né una critica né un elogio al fenomeno, ma esclusivamente uno spunto riflessione per i ragazzi e per i genitori.
Secondo la mia esperienza, condizionata da eterna ostilità verso i social, sono riuscito a dare una spiegazione valida alla ragione che spinge i teen-ager a creare un profilo web: il desiderio di rimanere in contatto col mondo 24/7. Indubbiamente è ipoteticamente meraviglioso, oltre che estremamente pratico e funzionale, ricevere news in tempo reale, ma questo, a lungo andare, crea una vera e propria dipendenza. Inoltre, è facile assistere a un uso improprio dei social: profili falsi, phishing e stalking sono solo alcune delle problematiche che prendono piede su Facebook.
In realtà, questa rete ormai prossima al decennale e già quotata in borsa, nasconde tanti altri piccoli tranelli, ben nascosti nei raramente attenzionati termini e condizioni d’uso. Al momento dell’iscrizione ogni materiale pubblicato e fornito diventa proprietà del social che ne acquisisce i diritti: si diventa impiegati gratuiti, che forniscono targeting per le pubblicità. Un gigante che, oltretutto, non tutela minimamente la privacy degli utenti, tanto da essere definita da Wikileaks un modo per “schedarsi” da soli, rendendo i dati facilmente accessibili alle agenzie governative americane.
Di certo, però, presenta anche aspetti positivi: mantenere contatti con amici dall’altro capo del mondo, con i quali, alternativamente si perderebbero inevitabilmente legami; confrontarsi sulle più svariate tematiche, permettendo anche di informarsi; comunicare e sponsorizzare eventi e associazioni in larga scala. Ma è necessario mettersi sulla piazza?
In merito, tutte le opinioni sono egualmente degne di essere considerate. Insomma, Facebook nel continente oltreoceano e in Europa, Vkontakt in Russia, e tutti gli altri social network presentano invincibili talloni d’Achille e discutibili lati oscuri, di certo tutto relativamente all’uso che se ne fa.
Personalmente ciò che più di ogni altra cosa apprezzo dei social network è la possibilità di fare cronaca e attualità allo stesso tempo, ben bilanciati con una critica adeguata e con l’immancabile confronto. La struttura del proprio profilo è spesse volte lo specchio della propria persona e dei propri interessi. Ma cosa dire di tutti gli adolescenti che sfuggono al controllo dei genitori, condividendo con la suddetta “piazza” i particolari più intimi e contenuti ben lungi dai canoni d’integrità morale e intellettuale: prova che basta poco per sfociare nella volgarità e nella scarsa educazione. Ancora una volta tutto è in dipendenza dall’utilizzo responsabile che se ne fa.
Specchio non solo della gioventù di oggi, quanto degli interessi di questa: sempre meno i ragazzi che si informano (dalla cronaca alla politica, passando per ambiti letterali e scientifici), sempre meno quelli che frequentano cinema e teatri, per non parlare di quelli che leggono quotidiani, riviste o più semplicemente libri. Una realtà interpretata dai più come se personificassero i protagonisti di una sitcom americana. Del resto, la stessa scuola è ormai incapace di fornire un’adeguata preparazione, soffermandosi esclusivamente su aspetti dell’insegnamento legati ormai solo ed esclusivamente alla tradizione. Perché? Quale utilità per la Commedia di Dante e per i Promessi di Manzoni, quando morfologia, sintassi e lessicologia vengono messe da parte…? Per non parlare dell’attualità, dimenticata, che contribuisce a far sprofondare la formazione civica dei cittadini del domani. E allora che fare, riformare i programmi?
Non so quale potrebbe essere la differenza in un sistema scolastico evidentemente fallimentare, di certo sarebbe più opportuno dare un taglio diverso per non svilire e fare odiare ai giovani gli straordinari capolavori e pregi della nostra cultura-storia-tradizione. Se personalmente mi ritrovo per insegnati i coetanei dei miei genitori, significherà che i miei figli avranno per insegnanti i miei coetanei??? Non voglio neanche soffermarmi all’idea (poveri loro…). Ma il valore fondamentale, e di maggior rilievo che oggi viene sensibilmente a mancare, è quello della famiglia: causa e complice stessa della sempre più comune maleducazione. Quest’ultima non è da intendersi per il semplice utilizzo di un determinato tipo di linguaggio (tra l’altro entrato a far parte di una fraseologia comune), ma come quella serie di comportamenti caratterizzati dal consumismo, passando per il permissivismo, e lo sperpero. Questa è la maleducazione, maleducazione sociale…
Per non parlare dei vizi del fumo e dell’alcool: pur rispettando tutti coloro che sono “affetti” da queste dipendenze, è paradossale che al giorno d’oggi, conoscendo i danni che le suddette dipendenze provocano, esistano ancora ragazzi che lo facciano per una banale e futile ragione di status simbol. Alla faccia della crisi… Ad ogni modo, non è mia intenzione fare un quadro negativo della realtà giovanile (della quale, avendo soli 15 anni, faccio ancora parte), ma evidenziare nette differenze tra le attuali generazioni e quelle passate. Al giorno d’oggi, ai giovani non interessa nulla di dare il massimo per riuscire perché, male che vada, si trovano dietro le spalle i genitori a dare una mano. Si parla sempre più spesso di futuro; ma quale futuro considerando che le scelte della realtà degli adulti, estranea a quella parallela degli adolescenti, determinano, di fatto, così tanti cambiamenti?
“L’errore può andar bene finché siamo giovani; solo non bisogna trascinarselo dietro invecchiando”.
Johann Wolfgang Goethe
Marco Fallanca