Succede di leggere nelle prefazioni a taluni libri di poesia, un riassunto, una tentata sinossi della poetica dell’autore. Maldestre prove molto spesso per maldestri libercoli. Poi arrivano come una ventata improvvisa, raccolte come quella di D’Agostino.
Si dice che tutto sia già stato scritto in poesia. Banalità ovviamente. La vita è scritta di per se stessa e se un poeta cerca di rappresentare sotto forma di segni grafici gli avvenimenti non fa altro che riportare “l’accaduto” dentro qualche pagina.
Nel fitto sottobosco poetico attuale, più che fitto talvolta finto, accade di imbattersi in qualche voce coraggiosa che un fine critico come Nicola Vacca definisce come quella di “poeti in stato di vigilanza”.
La ricerca stilistica propria è quella che fa distinguere un qualsivoglia scribacchino da un poeta.
La strada non è semplice, è costellata di insidie, di falsi arrivi. Partire poi da concetti extra poetici al fine di percorrere un sentiero che si addentra nel bosco sacro è da uomini coraggiosi.
Il lettore qui, in queste pagine, troverà un substrato filosofico che funge da collante e da guida. La filosofia come Virgilio. È un inferno quotidiano alla fine quello che si occulta tra i versi. La parola passa, filtra, espone e soprattutto si interroga. La lezione di Eliot è sempre presente:
Datta. Dayadhvam. Damyata.
Shantih shantih shantih
e sia e sia e sia… risponde D’Agostino.
E lo fa utilizzando densamente simboli, il Dolmen ad esem-pio. Il simbolismo non è però mercificato per l’utilizzo del verbo poetico, è insito nel nostro vivere. Un’apocalisse, sempre Eliot torna sfumato da certe visioni alla Blake, nel quale il poeta è testimone al servizio dell’umana specie, un’apocalisse che ripercorre il suo etimo originale di ‘separazione nascosta’.
E la separazione ha i suoi simboli, i suoi riti iniziatici di verbigerazione.
Nell’eternità sono maledetto
che tutto bramo
e nulla vedo
Maledetto è colui che nel disfacimento fisico e psichico non trova speranza. Maledetta allora è la nostra esistenza e la consapevolezza che, per citare ancora Eliot:
Colui che era vivo ora è morto
Noi che eravamo vivi ora stiamo morendo.
E la terra muore con noi e la terra rinascerà con noi.
Giulio Maffii
Pierluigi D’Agostino nasce a Roma, il 15-07-1992. Dopo aver conseguito la maturità nel liceo scientifico G.Peano di Monterotondo (Roma), inizia gli studi in Filosofia, presso l’Università di Tor Vergata. Dopo alcuni mesi, abbandona l’ateneo per dedicarsi alla scrittura, cercando, nel frattempo, un lavoro. L’anno seguente riprende lo studio, non opprimendo, però, l’istinto della poesia. La morte della Terra è la sua seconda opera edita, dopo Sogni di un Satiro danzante, Scrittura Creativa Edizioni, 2012.