Luglio: «Ritorna un’altra estate», come cantavano i Collage negli anni ’70, e con essa il caldo, la voglia di mare, di spiagge, di pinete ombreggiate, di spazi aperti in cui respirare e rivitalizzare i nostri polmoni sacrificati durante l’inverno tra smog e ambienti chiusi.
Ed è così che, trascorrendo più tempo all’aperto, si finisce col guardarsi attorno e prendere consapevolezza degli scempi commessi dai nostri simili. Non credo capiti solo a me di ritrovare spiagge e scogliere ricoperte di plastica, cartacce, mozziconi, o qualsiasi altro tipo d’immondizia gettata distrattamente dal finestrino di un’auto o passando a piedi. Non è così?
Certo, in pieno luglio e agosto è anche più facile scaricare la responsabilità sul turista: brutto, sporco e cattivo; eppure, durante i mesi antecedenti non si fa altro che preparare il terreno fertile per il proliferare discariche improvvisate tra un angolo di natura e l’altro.
Stranamente, però, non ci sogneremmo mai di gettare della cenere sul pavimento della nostra casa, bucce di frutta o barattoli vuoti nel soggiorno e in stanza da letto; perché, allora, farlo sulla sabbia, su un prato, in un’aiuola, o ai margini delle strade?
Il pianeta non è forse “il luogo in cui viviamo” e quindi casa nostra? Purtroppo, però, sembrerebbe che la mentalità dei più sia: «Posso farlo, tanto ci sarà qualcun altro a pulire»; oppure: «già sporco, chi vuoi che si accorga di una carta o di una bottiglia in più?»
Ed è così che, carta dopo carta, bottiglia dopo bottiglia, ognuno apporta il suo turpe contributo a inquinare un luogo che noi tutti ci ritroviamo ad abitare ogni giorno. La questione, allora, ha radici che vanno oltre un semplice gesto distratto e sono da ricercare nella dilagante mancanza di rispetto per l’altro, nell’agire come se tutto fosse dovuto, come se la nostra libertà fosse al primo posto rispetto a quella degli altri; ai quali, quindi, non resta altro che adeguarsi e subire.
È davvero questa, dunque, l’unica cosa che ci rimane da fare in una società, come quella attuale, che si riscopre sempre più povera di valori e spaventata dalle possibili reazioni di chi agisce con prepotenza? Subire? Io spero e credo di no.
Il primo passo da compiere, allora, è denunciare e rieducare! Così ben vengano associazioni a tutela dell’ambiente, laboratori di riciclo nelle scuole, mostre fotografiche e filmati che denunciano gli scempi commessi a guisa di moderne berline, festival dell’ecologia della legalità come il “Green sound festival”.
Perché la Terra è solo un luogo in cui siamo ospiti e quando veniamo accolti in casa di qualcuno è buona abitudine dimostrare rispetto.
Ed è così che, trascorrendo più tempo all’aperto, si finisce col guardarsi attorno e prendere consapevolezza degli scempi commessi dai nostri simili. Non credo capiti solo a me di ritrovare spiagge e scogliere ricoperte di plastica, cartacce, mozziconi, o qualsiasi altro tipo d’immondizia gettata distrattamente dal finestrino di un’auto o passando a piedi. Non è così?
Certo, in pieno luglio e agosto è anche più facile scaricare la responsabilità sul turista: brutto, sporco e cattivo; eppure, durante i mesi antecedenti non si fa altro che preparare il terreno fertile per il proliferare discariche improvvisate tra un angolo di natura e l’altro.
Stranamente, però, non ci sogneremmo mai di gettare della cenere sul pavimento della nostra casa, bucce di frutta o barattoli vuoti nel soggiorno e in stanza da letto; perché, allora, farlo sulla sabbia, su un prato, in un’aiuola, o ai margini delle strade?
Il pianeta non è forse “il luogo in cui viviamo” e quindi casa nostra? Purtroppo, però, sembrerebbe che la mentalità dei più sia: «Posso farlo, tanto ci sarà qualcun altro a pulire»; oppure: «già sporco, chi vuoi che si accorga di una carta o di una bottiglia in più?»
Ed è così che, carta dopo carta, bottiglia dopo bottiglia, ognuno apporta il suo turpe contributo a inquinare un luogo che noi tutti ci ritroviamo ad abitare ogni giorno. La questione, allora, ha radici che vanno oltre un semplice gesto distratto e sono da ricercare nella dilagante mancanza di rispetto per l’altro, nell’agire come se tutto fosse dovuto, come se la nostra libertà fosse al primo posto rispetto a quella degli altri; ai quali, quindi, non resta altro che adeguarsi e subire.
È davvero questa, dunque, l’unica cosa che ci rimane da fare in una società, come quella attuale, che si riscopre sempre più povera di valori e spaventata dalle possibili reazioni di chi agisce con prepotenza? Subire? Io spero e credo di no.
Il primo passo da compiere, allora, è denunciare e rieducare! Così ben vengano associazioni a tutela dell’ambiente, laboratori di riciclo nelle scuole, mostre fotografiche e filmati che denunciano gli scempi commessi a guisa di moderne berline, festival dell’ecologia della legalità come il “Green sound festival”.
Perché la Terra è solo un luogo in cui siamo ospiti e quando veniamo accolti in casa di qualcuno è buona abitudine dimostrare rispetto.
Ilaria Ferramosca